VIR UMBRIA (VETRINA IMMOBILIARE REGIONE UMBRIA)

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Mi sono permesso un acronimo, con le migliori intenzioni di questo mondo, per dare vigore e credibilità a quel Piano triennale di messa a frutto del proprio patrimonio che la Regione Umbria ha reso pubblico in questi giorni. Il Piano va incontro alle dure tagliole della
spending, promette di essere un segnale di virtùamministrativa, sarà attuato entro l’anno attraverso una “vetrina immobiliare” nella quale dovrebbe dare il meglio di sé l’attività di comunicazione e di marketing. Una “vetrina immobiliare della Regione” dà, per forza di cose, la parola latina “Vir” e “Vir Umbria” è per me l’auspicio che una forza molto determinata possa raggiungere l’ambizioso obiettivo di fare opportuna cassa, senza svendite né incaute operazioni dettate dallo stato in cui versano i beni, entro il valore stimato dei 400 milioni riferito a terreni e fabbricati della più varia provenienza e destinazione d’uso.Il nudo elenco di tutti i beni c’è già, in rete, ed è uno strumento completo quanto a ubicazione comunale, denominazione, riferimenti catastali, verifica dell’interesse in termini di “Codice dei beni culturali” (Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) e destinazione.

Niente più che un foglio di lavoro, lungo 145 pagine, ma s’intende che questo materiale grezzo sarà ben presto rivestito di immagini e fatto figurare come si deve nella “Vir”. Già adesso, però, quell’elenco incuriosisce, rappresenta una lettura vivace di alcuni momenti di storia e cultura della nostra regione, permette di identificare i beni noti e di andarsi a documentare in qualche modo su quelli non conosciuti, consente di riordinare le idee sul favoleggiato impero immobiliare della Regione. Il quadro completo dei beni si forma per mezzo dei nove Allegati che accompagnano il Piano predisposto da Palazzo Donini: immobili da trasferire agli enti locali ai sensi delle leggi regionali 3/1999, 29/2001 e 22/2001; patrimonio agriforestale gestito dall’Agenzia forestale regionale; valorizzazione terreni marginali, terreni e fabbricati di limitato valore economico; valorizzazione aziende agrarie; patrimonio agriforestale da alienare o valorizzare (Fabbricati rurali); beni da alienare o valorizzare; beni ex Anas da alienare; beni ex Ferrovia centrale umbra (Fcu); beni utilizzati per finalità pubbliche condivise e progetti di rilevanza regionale.

La sensazione è di un quadro molto panoramico, di una veduta larga, di un
campo lunghissimo che si restringe, qua e là, in inquadrature oscillanti dal piano medio al primo piano vero e proprio. Quando, ad esempio, si scorre l’ elenco delle case cantoniere già dell’Anas o delle stazioncine della Ferrovia
Centrale è come compiere di nuovo un viaggio per le strade più interne della regione o rifare il percorso delle vecchie fermate della Fcu attraverso un casello, un pozzo, un forno, un’abitazione, una cabina, dei bagni, un magazzino lungo la strada ferrata. La regione è tutta lì, davanti ai vostri occhi, in una
panoramica di qualche decennio fa e il pensiero che tutti questi beni possano davvero avere dei potenziali acquirenti lascia qualche dubbio e l’amaro in bocca del futuro improbabile. Ma già il solo disporre di questo elenco può
ragionevolmente orientare verso l’ottimismo: ci sarà chi ama molto questa terra
da poter pensare a una riutilizzazione di cubature divenute così estranee alla
vita di oggi come quelle sopra citate.
La stessa cosa si può dire per quelle tipologie costruttive che costellano
colline e montagne: rifugi, centri di allevamento per la selvaggina, un
osservatorio sul Subasio, case e poderi non meglio descrivibili che con il
riferimento ad antichissime denominazioni popolari. C’è, poi, tutto il
lunghissimo capitolo delle aziende agrarie, che, anche senza avere la
competenza tecnica necessaria, configurano un quadro di frazionamento delle
superfici molto netto e fanno augurare un impegno nella valorizzazione basato
sull’attivazione di altre misure oltre quelle strettamente patrimoniali.
Colpisce molto, in questa rapida carrellata, l’elenco, non lunghissimo, dei
beni da alienare o da valorizzare, in un’alternativa fra le due opzioni non
sempre secca. Fatto salvo un buon numero di fabbricati che sono compresi in
questo elenco ma andranno trattati a tutti gli effetti come fabbricati rurali,
ci sono, fra questi beni, alcune eccellenze patrimoniali che meritano un’
attenzione tutta particolare, un po’ come quella che a suo tempo ha suscitato
la ventilata alienazione di Villa Fidelia da parte della Provincia di Perugia.
Rientrano in questo elenco, ad esempio, il Castello di Casalina, a Deruta, e la
Tenuta di Caicocci, sulla provinciale 142 da Castel Rigone a Umbertide, beni,
entrambi, da alienare (ma Caicocci può essere anche valorizzata) in rapporto al
protocollo vigente fra la Regione e la Cassa Depositi e Prestiti.
Il caso più eclatante di tutti resta, però, quello della Rocca d’Aries, a
Montone: un’alienazione-protocollo Cassa depositi e Prestiti con tanto di
verifica dell’interesse storico-culturale terminata per i fabbricati e
dichiarata non necessaria per i terreni.
“Questa mattina” – scrivevano nel 2011 un gruppo di visitatori – “col favore
del clima primaverile, abbiamo partecipato ad una visita guidata alla Rocca
d’Ara (o Rocca d’Aria o Rocca d’Aries) che domina la Valle del Carpina ed è ben
visibile da Borgo Coloti.
La rocca, ristrutturata 15 anni fa, è stata da quel momento desolatamente
chiusa ed inaccessibile ad eccezione di una serata musicale alcuni anni fa…”.
E’ tutto vero: l’ottima ristrutturazione, la desolazione della chiusura, una
serata musicale di qualche anno fa, nel cartellone di “Isole”.
Il fortilizio è così grandioso, importante e significativo che va oltre ogni
perorazione di alienazione ai privati predicata in suo favore. La verità è che
non si conoscono, in Umbria, o per lo meno non si sono manifestati, personaggi
in grado non solo di fare acquisti simili a quelli della Rocca d’Aries, ma
anche di sapere cosa fare di un bene così straordinario. L’alienazione tout
court sa di populismo. Un’alienazione guidata con ragione dalla mano pubblica
può avere un altro significato purché, anche in chi aliena, ci sia la
consapevolezza che non tutto si può fare con arbitrio in una struttura come
questa di Montone, ma che servono sempre rispetto della storia, ossequio della
tradizione, sguardo al futuro, progetti assolutamente creativi. E chissà che
tutta questa circospetta riflessione e questo arrendersi ragionando alla
necessità dell’alienazione suscitati dalla Rocca d’Aries non valgano per ogni
più piccola consistenza di bene patrimoniale che sarà esposta sulla Vetrina
immobiliare della Regione Umbria (Vir Umbria)!

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