Rianimazione a Terni, porte aperte ai familiari dei pazienti e due nuove sale d’attesa

TERNI – Due nuove sale d’attesa e “porte aperte” per i familiari dei pazienti. La struttura di rianimazione e terapia intensiva di Terni avvia un processo di “umanizzazione” dando vita a un modello di cura innovativo che tiene conto del fatto che una maggiore flessibilità e accoglienza dei familiari aiuta ad affrontare situazioni critiche e può accelerare il recupero dei pazienti.

Le novità sono state illustrate questa mattina dal direttore generale dell’Azienda ospedaliera Santa Maria, Andrea Casciari.

“L’intervento messo in atto – ha spiegato Andrea Casciari – è di tipo logistico-strutturale e organizzativo. Le due nuove sale d’attesa dedicate della Rianimazione, contigue all’area di degenza, rappresentano un gran bel traguardo per il nostro ospedale, soprattutto se si considera che in Italia circa un quarto delle Terapie intensive per adulti ancora oggi non ha una sala d’attesa per i familiari. All’ospedale di Terni una sala di attesa c’era ma, situata al primo piano nell’area antistante la piastra operatoria, determinava inappropriate sovrapposizioni dei percorsi con altri familiari, pazienti e operatori sanitari e, soprattutto, prolungati stazionamenti lungo le scale di collegamento con l’area di degenza e richiedeva un intervento tempestivo. Con l’adozione del modello di Terapia intensiva aperta – ha proseguito il direttore  – abbiamo poi voluto abolire o ridurre tutte quelle barriere temporali, fisiche e relazionali non strettamente necessarie alla cura del paziente, in una situazione delicata e difficile, come è sempre un ricovero in terapia intensiva, che risulta particolarmente gravoso per tutti”.

Gli obiettivi sono quelli di favorire, in piena sicurezza, una maggior presenza di persone care in terapia intensiva, migliorando l’accoglienza sia del paziente che dei familiari e aumentando la condivisione con i familiari delle strategie terapeutiche.

“Appurato che l’accesso dei non sanitari alla Terapia intensiva non è di per sé rischioso – ha sottolineato Massimo Rizzo, dirigente medico della Direzione medica del Presidio ospedaliero – si ritiene che l’umanizzazione delle cure risulterà particolarmente importante in un’area di degenza caratterizzata non soltanto dalla criticità e dalla instabilità delle condizioni cliniche dei pazienti, ma anche da tutta una sfera di rapporti interpersonali da gestire con la massima delicatezza in quanto strettamente legati a tensioni, paure, preoccupazioni.”.

Lorenzina Bolli, responsabile della struttura complessa di Anestesia e Rianimazione, ha spiegato che: “finora l’accesso dei visitatori è stato fortemente limitato in termini sia di orario sia di numero di persone che potevano accedere – ha spiegato Lorenzina Bolli, responsabile della struttura complessa di Anestesia e Rianimazione – inoltre era imposto l’uso di camici, mascherine, cuffie, soprascarpe e le relazioni tra professionisti sanitari ed assistiti tendevano ad essere fortemente circoscritte. L’apertura della terapia intensiva non si associa ad un aumento del rischio di infezioni. Basteranno il lavaggio delle mani dei visitatori all’entrata e all’uscita del reparto. Si tratta di un passaggio culturale importante, lo stare per diverse ore accanto al proprio caro ricoverato sarà di grande supporto psicologico sia per il paziente che per i familiari”.

L’intervento è stato possibile anche grazie al contributo dell’Unmil e alle donazioni di alcuni familiari di ex pazienti.

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