Rifiuti, Lega Ambiente: “l’Umbria esca dal torpore e imprima un’accelerazione al settore”

PERUGIA – La calda estate umbra in cui si parla di rifiuti e in cui c’è stata la chiusura dell’inchiesta su Gesenu, Lega Ambiente fa il punto della situazione e vede luci e ombre.

“L’Umbria si è risvegliata, in questa calda estate, con le “civette” e le prime pagine dei giornali dedicate alla chiusura delle indagini dell’inchiesta “Spazzatura d’oro connection”: inquisiti i dirigenti Gesenu, ed anche alcuni di Regione, Provincia ed Arpa Umbria che sapevano, ma non hanno denunciato e controllato come avrebbero dovuto. 17 persone e 5 società indagate, accuse che vanno dal traffico illecito di rifiuti, all’inquinamento ambientale, dai delitti contro la salute pubblica, all’associazione per delinquere e poi truffa e frode ai danni dei comuni. A farne le spese ovviamente l’ambiente e i cittadini. Nessuna responsabilità “politica”, né degli imprenditori che hanno gestito l’azienda – precisa un quotidiano locale. E’ vero invece che nulla sarebbe potuto accadere nella piccola, monolitica e indolente Umbria se non ci fosse stata protezione e complicità sociale e politica. Una connivenza trasversale che ha fatto sì che la gestione degli interessi privati abbia prevalso su quelli collettivi”.

“In attesa dell’iter processuale, che visto il numero degli indagati e la complessità dei reati contestati, sarà lungo e articolato, è urgente che l’Umbria (nella sua componente di decisori politici e tecnici dei vari livelli di governo territoriale) esca dal torpore in cui si trova, e volti pagina velocemente mettendo mano alle tante storture (finite anche nell’inchiesta della procura e delle forze dell’ordine) e ridefinendo un sistema di gestione dei rifiuti capace di creare economia, virtuosa, legale e che riporti al centro l’interesse prioritario dei cittadini e dell’ambiente. Qualche primo segnale positivo è emerso dalla conferenza stampa del  4 luglio scorso, nella quale l’Assessore Fernanda Cecchini ha presentato la volontà riorganizzare i servizi di raccolta domiciliare e l’impiantistica regionale di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani”.

“In quella sede l’Assessore, per la prima volta, ha parlato di qualità della raccolta differenziata e di premialità economica orientata alla qualità, e non si è fermata agli indici numerici della percentuale di raccolta, i cui incrementi rimangono modesti perché la spinta dell’ATI4  (+16,7% nel 2016) non è riuscita a compensare l’inerzia storica di ATI1 (Alta Valle del Tevere +2,6) , ATI3 (Valle Umbra +4,3)  e ATI2 (+3,8) cui si sono aggiunte le  vicende giudiziarie di GESENU e consociate con le relative chiusure di impianti e discariche”.

“Da parte nostra vogliamo riaffermare chiaramente agli amministratori della nostra Regione che la qualità della raccolta differenziata, a partire da quella della frazione organica, non va vista solo come un ulteriore sacrificio economico imposto per una mera questione di pignoleria, ma come un passaggio necessario, logico e imprescindibile per dare un senso e un valore al sistema della raccolta differenziata, puntando sulla crescita del rapporto qualità/quantità del sistema e sulla riduzione degli scarti. Ineludibile se vogliamo che l’Umbria diventi una Regione all’altezza della sfida della sostenibilità. Ma affinché quelli espressi dall’Assessore non rimangano solo proclami da conferenza stampa, è necessario che la raccolta differenziata di qualità parta da azioni concrete di riduzione dei rifiuti, preveda la domiciliarizzazione della frazione organica e la predisposizione di un sistema di tracciabilità del rifiuto per arrivare poi alla tariffazione puntuale e quindi all’applicazione del principio “chi inquina paga”. Ovviamente il ciclo della qualità inizia dalla progettazione di beni e servizi in ottica circolare per cui ogni prodotto  in commercio dovrebbe, in linea di principio, essere completamente riciclato (meglio addirittura se riusato o al limite recuperato) per avere una trasformazione materia–materia conservativa dal punto di vista energetico e di emissioni”.

Il concetto di qualità deve essere applicato in modo integrale a tutti i settori della filiera, considerando non solo gli aspetti tipicamente industriali, ovvero impiantistico e di  progettazione del ciclo dei rifiuti ma anche quelli etici gestionali di tutto il sistema e per un intero territorio.

Comuni e competenze – Protagonisti di una buona gestione sono inevitabilmente i Comuni, che però hanno scarse competenze tecniche (anche quelli più grandi) e che in genere relegano l’assessorato all’ambiente ad una dimensione a dir poco marginale (alcuni si dimenticano addirittura di rinominare assessori dimissionari, altri nemmeno prevedono nella composizione della giunta la delega alle politiche ambientali). Assumere responsabilmente un ruolo di controllo e indirizzo, senza delegare alle aziende come è stato fatto fino ad ora, è un prerequisito fondamentale: nei casi in cui c’è stata una governance forte, il sistema ha funzionato e i conflitti si sono attenuati. Sono un esempio il comune di Narni ed anche quello di Bastia Umbra, dove la presenza di assessori all’ambiente competenti ha fatto la differenza. In questo senso ci auguriamo che l’AURI  abbia la determinazione di predisporre un piano d’Ambito regionale in grado di definire obiettivi ambiziosi nell’ottica dell’economia circolare, superando così anche le debolezze e le inefficienze dei singoli.

Rinnovamento staff dirigenziali e CdA delle Aziende di servizi sia pubbliche che private –  Oltre ad una politica lungimirante e responsabile del proprio ruolo, servono competenze tecniche. Ci sembra un requisito fondamentale perché nel 2017 non è più possibile avere aziende che non hanno dirigenti,  progettisti e tecnici non qualificati che, come abbiamo visto, non sono in grado di gestire in modo efficiente la forza lavoro e quindi i costi dei servizi. Anche in questo caso l’AURI avrà la possibilità di mettere mano ai conti delle aziende e quanto meno uniformare le progettazioni dei servizi su standard nazionali.

Raccolta differenziata – Il servizio di RD deve prevedere in tutta l’Umbria la fondamentale domiciliarizzazione della raccolta della frazione organica, per avere un rifiuto con una qualità che ci avvicina agli standard del nord Italia che ha uno scarto al massimo del 2-3%. Ovviamente anche la qualità di altre frazioni è importante per dare la possibilità alle aziende di servizi di recuperare risorse ma anche attivare nel territorio filiere industriali di economia circolare.

Recupero materia e impiantistica – La gestione e la tipologia della sezione impiantistica va orientata al recupero di materia, sia organica, tramite compostaggio e bidigestione, che secco.  Come da noi molte volte auspicato, la Regione ha anche affermato l’imminente necessità dell’individuazione di misure che uniformino e innalzino la qualità delle frazioni raccolte, premiando la buona qualità anche in sede di conferimento agli impianti, con tariffe più basse per qualità più alte e viceversa, secondo il noto, ma poco praticato, concetto europeo del “chi più inquina più paga”. Tutto deve convergere nella minimizzazione effettiva dei rifiuti conferiti in discarica e nella massimizzazione del recupero, e la leva economica deve essere funzionale a questo.

Discariche – Allo stesso modo occorre la definizione di un sistema economico che non permetta più conferimenti in discarica a costi bassissimi (come ad esempio è avvenuto per la discarica di Sant’Orsola a Spoleto) che hanno il solo risultato da far ritenere poco “convenienti” azioni incisive di raccolta differenziata e recupero. Occorre invece renderlo un’opzione costosa e da evitare, innalzando le tariffe e innalzando anche il costo del conferimento in discarica degli scarti degli impianti di trattamento, per evitare ad esempio quanto accaduto con l’organico perugino per il quale gli scarti costituivano di fatto il principale risultato dei trattamenti effettuati.

Comunicazione, informazione e partecipazione – Qualche mese fa, in occasione della prima edizione di Comuni Ricicloni Umbria, un ex presidente di un’importante azienda di gestione dei rifiuti, dichiarò che i poco soddisfacenti risultati umbri sono dipesi prevalentemente dallo scarso senso civico dei cittadini. Invece la nostra riflessione è del tutto opposta, se nonostante un servizio inefficiente, nonostante scarsa e confusa informazione sulle modalità di conferimento, qualche risultato si è comunque ottenuto, lo si deve proprio all’impegno e alla perseveranza dei cittadini. Certamente però non basta il fervore e la diligenza di qualche cittadino civile. Occorre che ad un modello di gestione adeguato ed efficiente si affianchi una corretta, chiara, costante nel tempo e diffusa comunicazione orientata alla partecipazione e alla trasparenza.

Nel campo dei rifiuti l’esperienza degli ultimi anni ha mostrato con chiarezza che le soluzioni tecniche devono essere sempre accompagnate dalla creazione di consapevolezza diffusa tra i cittadini e dall’accettazione di un nuovo approccio al tema dei rifiuti.

I cittadini e le associazioni devono essere anche loro protagonisti del cambiamento dei sistemi di raccolta, soprattutto nel passaggio dai sistemi “a cassonetto” ai sistemi “porta a porta”, questo vuol dire che devono poter partecipare alle scelte di pianificazione e a quelle di localizzazione degli impianti, oltre che al controllo della gestione. Vuol dire infine che devono essere destinate risorse e, anche in questo caso, competenze qualificate, alla partecipazione e alla costituzione di osservatori sulla gestione che dispongano di informazioni e mezzi per svolgere un ruolo di controllo e di spinta costante al miglioramento.

Separazione dei ruoli – Infine ci pare doveroso un richiamo alla necessità della chiarezza nella separazione dei ruoli e al riconoscimento di tutti gli attori che compongono il quadro della gestione rifiuti e più in generale dell’economia circolare di questa Regione. La pericolosa sovrapposizione di soggetti che operano svolgendo molti di questi ruoli (ad esempio raccolta e smaltimento) perseguendo i propri pur legittimi interessi privati, non fa altro che rendere meno controllabile e orientabile secondo gli interessi collettivi l’intero quadro della nascente economia circolare. L’opportunità e la necessità offrono invece la chance di non ripetere gli errori del passato e danno l’occasione per ragionare ed agire seguendo un modello condiviso e sostenibile.

 

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