Il Pd, la Leopolda e Piazza San Giovanni
di Pierluigi Castellani
E’ innegabile che la contemporaneità della Leopolda di Firenze e della manifestazione della CGIL in Piazza San Giovanni a Roma induca a pensare ad una irreparabile frattura tra due modi diversi di pensare la sinistra. Se la frattura sarà davvero irreparabile ce lo dirà il tempo, ma è certamente innegabile, che il confronto messo in essere all’ex stazione ferroviaria di Firenze su come pensare il futuro e la dura protesta di massa della CGIL contro il cosiddetto jobs act e la legge di stabilità del governo Renzi , vivono in due mondi diversi, che solo sbrigativamente si possono riassumere dicendo che da una parte c’è la proposta e dall’altra la protesta. E’ comunque certo che a Firenze c’è il PD che vuole rinnovare lo stato, che vuole creare lavoro con il rilancio dei consumi e con lo stimolare i privati ad investire dando certezze fiscali e snellendo la burocrazia, insomma da una parte il PD che vuole vincere, che vuole andare anche oltre il 41% dei consensi per diventare una forza politica in cui possano riconoscersi la maggioranza degli elettori, dall’altra un sindacato ed una sinistra ancorati a slogan, ad una visione antica del sistema sociale, ma pur sempre denuncia di un malessere e di un disagio che nel paese c’è , che vive le tante crisi aziendali tutt’ora aperte, che ha poche speranze per il proprio futuro. Certamente da una parte c’è il tentativo di dare risposte innovative per superare il malessere e dall’altra ancora risposte vecchie legate soprattutto alla richiesta di un intervento pubblico, possibile solo con un inasprimento fiscale, che comunque viene invocato, come la patrimoniale. Ed allora , viene da chiedersi come conciliare questi due mondi che si richiamano ambedue al centrosinistra?
E’ pur vero che la manifestazione di Piazza S. Giovanni, che va certamente valutata con rispetto, è la manifestazione di un solo sindacato, ancorché maggiore, e che se riguardata solo come tale può essere benissimo ricompresa nella normale dialettica tra le forze sociali, ma questa manifestazione ha visto la partecipazione, enfatizzata, della minoranza del PD, che le fa assumere una voluta valenza politica, tanto da far dire a Stefano Cappellini su Il Messaggero del 25 ottobre:” L’impressione è che una parte della minoranza Pd speri di mascherare la sconfitta politica nascondendosi dietro l’attivismo del sindacato e la sua ancora alta capacità di mobilitazione, chiedendo al sindacato stesso di surrogare l’assenza di una reale alternativa al renzismo.” Tanto è vero che altri commentatori si sono spinti a dire che quella piazza era in cerca di un leader e che quel leader non era tra i politici presenti bensì andava ricercato tra i sindacalisti e non a caso si è fatto il nome di Landini e non quello della Camusso. Quindi ancora una questione interna al PD, laddove si continua a cercare una rivincita sul congresso, oppure , come per alcuni, l’anticamera di una scissione. Ma qui vale quanto ricordato dal vicesegretario Guerini :” E’ sempre meglio una minoranza in un grande partito anziché un piccolo partito”. Ed allora da tutta la vicenda si deve ricavare un monito ad ambedue le “piazze”. C’è quindi una possibile via di conciliazione. Da una parte accettare definitivamente il risultato del congresso vinto da Renzi e dall’altra , quella della segreteria e dello stesso Renzi, far tesoro della sollecitazione proveniente da Piazza S.Giovanni, quella di un forte sindacato, che raccoglie malessere e disagio, e che non deve essere strumentalizzata da nessuno a livello politico.