DIS…CORSIVO. GLI IRRIDUCIBILI
NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / In principio c’era “Umbrialibri” (1995), poi venne il “Festival Internazionale del giornalismo” (2006), infine fu “IMMaginario” (2009). “Umbrialibri”, all’inizio era un piccolo salone del libro dell’editoria regionale. Conosciuta un’ascesa notevole fino a qualche anno fa, si è congelata nella formula, ma non ha conosciuto un declino vero e proprio, fermandosi in ogni caso sul bivio della collaborazione o meno con gli editori umbri, a fronte del peso necessariamente preponderante che nel suo programma hanno finito per assumere i grandi editori, con tutto il corteggio di autori affermati che il fatto comporta. Quest’anno, il salone di “Umbrialibri” – ci è stato detto – era troppo funzionale ai disegni di Perugia2019 per tenerlo, come da programma, a novembre. Così si è svolto a giugno, lasciando gli editori umbri nella condizione di farsi, se lo faranno, un loro salone sotto Natale.
Niente, poi, è stato così esuberante come la nascita del “Festival Internazionale del giornalismo”, una scarica elettrica nel mondo un po’ pantofolaio degli eventi culturali generatisi in Umbria all’inizio del nuovo secolo. Il “voltaggio” del Festival ha finito col ridestare molti umori sopiti nella cultura perugina e ha dato luce abbagliante alla scena umbra: il posizionamento primaverile, al quale si era stati attenti per evitare sovrapposizioni con la cugina “Umbrialibri”, alla lunga non è stato sufficiente a scongiurare rotte di collisione. I finanziamenti pubblici sempre meno disponibili per intervenire su tutta la linea hanno portato, prima, giusto un anno fa, a mettere in forse l’edizione 2014, che poi c’è stata, ma con un ricorso esuberante – nello stile del Festival – al finanziamento collettivo. E, per il 2015, date a parte, il problema sembra solo spostato più in là.
“IMMaginario”, infine, è sembrato poter coincidere con la programmazione autunnale di “Umbrialibri” perché meno prossimo, per ispirazione, al locale salone del libro di quanto ha potuto rischiare e può rischiare di esserlo il “Festival Internazionale del Giornalismo”. “IMMaginario”, infatti, è nato come evoluzione del “bATìk Film Festival” e, pur mantenendo il suo interesse per il cinema d’autore italiano e internazionale, ha concentrato la sua attenzione sulle trasformazioni che la rivoluzione digitale sta apportando al sistema dei media.
Così, forse anche per questo, si è avuta l’impressione che la spina dorsale del progetto per Perugia2019 avesse proprio in “IMMaginario” un aggancio e una espansione tematica superiori rispetto sia al “Festival Internazionale del giornalismo” sia alla vecchia “Umbrialibri”. E vedere, oggi, il programma di “IMMaginario” andare avanti e realizzarsi il giorno dopo della frantumazione del sogno culturale di Perugia2019 mi conferma questo senso di irriducibile resistenza ai responsi negativi che sono venuti dal giudizio della Commissione che ha promosso Matera.
Non so bene ridire, però, il senso se di tristezza o di lieve emozione che il pannello di “IMMaginario” piantato in Piazza della Repubblica mi ha lasciato addosso. Quel pannello, su cui è scritto “Viva la cultura!” con grafica corsiva e tondo rosso a contenere la “C” stampata in bianco, è tristemente commovente come tutte le icone di quanti, pur sapendo di avere imboccato strade qua e là sbarrate, si ostinano a dire di essere gli innovatori dei format culturali della rete di domani.
D’altra parte, anche in altri contesti, abbiamo visto e vediamo, proprio in questi giorni, di quanti soggetti irriducibili siano fatte la politica e la cultura nazionali. Che anche “IMMaginario” sia fatto di protagonisti irriducibili alle ragioni della modestia e ai criteri dell’autocoscienza è riscontrabile da una lettura attenta del programma, che finisce per collazionare presenze di protagonisti autorevoli della cultura tout court passati, spesso, per i cartelloni degli altri Festival o, come direbbe la burocrazia, dimostratisi “rispetto ad essi fungibili”.
Ecco, dunque, l’inflazione, l’ingorgo, le sovrapposizioni delle prime donne. Ecco, dunque, che sorge il dubbio che alcune lobbies siano più “convincenti” di altre nella corsa al primato culturale in questa regione. Ed ecco però anche, qui, una possibile causa del successo non riportato a Perugia2019.