Il governo del rinvio
di Pierluigi Castellani
Nessuno oramai più dubita circa quale tattica sia stata adottata dal duo Salvini-Di Maio. Ogni dossier controverso, e sono molti, che non trova sulla medesima lunghezza d’onda ciascuno dei contraenti il patto di governo, viene rinviato a data da destinarsi. E la data è molto palese, perché si tratta di superare l’appuntamento delle elezioni europee del prossimo maggio senza che né la Lega né i 5Stelle debbano presentarsi ai propri elettori avendoli delusi con il disattendere le numerose promesse elettorali a suo tempo fatte. Nel frattempo, ora che sono al governo, anziché occuparsi dei problemi del paese, come il ruolo ricoperto dovrebbe imporre, si dedicano a tempo pieno alla campagna elettorale invadendo le piazze fisiche e quelle dei social. Salvini e Di Maio dallo scorso 4 marzo, che li ha visti suffragati dal consenso elettorale, hanno affollato piazze e balconi mentre scelte di governo non vengono effettuate e poiché nel nostro paese ogni anno, anzi ogni semestre, c’è una consultazioni elettorale la loro perenne esposizione in video, nei comizi, nei social, dovrebbe essere sempre giustificata. Ma in questo modo l’economia ristagna, le richieste di indennità di disoccupazione aumentano e la sicurezza dei cittadini è sempre in pericolo perché l’unica che non si spende in campagne elettorali è proprio la criminalità organizzata.
L’ultimo clamoroso episodio è la decisione assunta con la mozione gialloverde, votata alla Camera dei Deputati, per il rinvio alle calende greche della decisione sulla Torino-Lione. Bruxelles preme, gli imprenditori minacciano la serrata,le regioni del Nord diffondono le loro valutazioni, tutte positive, sulla Tav, ma poiché Salvini è per il sì e Di Maio è per il no, l’intero governo, ma in questo caso l’intero paese, rimane fermo perché i due protagonisti vogliono raccogliere voti per le prossime elezioni europee e nessuno dei due intende correre il rischio di inimicarsi, al momento, il proprio elettorato. Ma non c’è solo la Tav. Così è anche per il dossier dell’autonomia rafforzata richiesta dalle regioni del nord, ampiamente promessa dalla Lega ed invece duramente avversata dai 5Stelle, che certamente non dimenticano di avere a suo tempo fatto il pieno di voti nelle regioni del sud. E’ c’è il dossier sull’economia. Oramai è acclarato che l’Italia si trova in recessione, ma i governanti si affannano a dire che presto verrà il boom perché la manovra di bilancio per il 2019, affannosamente portata in porto dopo una lunga trattativa con l’Europa, ha misure espansive. Ma nessuno si preoccupa della manovra correttiva di cui ci sarà senz’altro bisogno perché stanno saltando tutte le previsioni della finanziaria mentre nessun atto concreto esce da Palazzo Chigi per velocizzare gli investimenti, per snellire il codice degli appalti, per riprendere una qualche positiva interlocuzione con Bruxelles e con gli alleati del nostro paese. L’Italia si trova plasticamente isolata e il presidente Conte non riesce a farsi sentire dagli altri capi di governo, che dovrebbero aiutare il nostro paese a superare questo difficile momento in cui tutta l’Europa è costretta ad un rallentamento. Ma da noi lo spread sale perché manca la fiducia degli investitori e il conto degli interessi, che il Tesoro deve pagare sul debito pubblico è sempre più salato. Insomma appare sempre più chiaro che l’Italia non è governata, che Salvini si preoccupa solo dei migranti, questione questa diventata una vera è propria arma di distrazione di massa, che Di Maio e i 5Stelle sono sempre più impegnati in una opposizione nei confronti dei governi del passato, addebitando a loro ogni male e dimenticando che ora al governo ci sono loro e che loro sono la casta e la élite a cui nel passato hanno dedicato molti vaffa. Eppure si dirà che ancora nel paese godono della fiducia degli elettori, mentre non sembra sorgere una significativa alternativa a questo governo. Forse una spiegazione ce la dà Colin Crouch nel suo ultimo libro “ Identità perdute, globalizzazione e nazionalismo”. “ Il conservatorismo – scrive Crouch- (ma potremmo scrivere “il populismo”) non offre sicurezza attraverso la ridistribuzione della ricchezza ma mediante l’affermazione di valori tradizionali, vecchie certezze ( e potremmo dire anche “ abusati slogans sul cambiamento”) e la gestione del potere da parte di governanti ammirati”. Infatti è qui il punto. Occorre distogliere gli elettori dal vivere e giudicare sulla base delle sole emozioni e farli tornare alla razionalità senza quale nulla si costruisce di buono e duraturo. Questo è il compito di quanti hanno seriamente a cuore questo nostro bel paese.