L’azzardo di Renzi
di Pierluigi Castellani
La lunga transizione della politica italiana non giunge ancora ad un termine conclusivo. L’addio di Matteo Renzi al Pd, con la formazione di gruppi autonomi sia alla Camera che al Senato, è un’altra tappa di questa vicenda, che, iniziatasi nel 1994 con la fine dei partiti storici e la formazione di nuove forze politiche, non sembra ancora terminata. Non sono molto chiare le motivazioni ,che hanno spinto Renzi a fare questo passo, anche se già da tempo era nell’aria l’intenzione dell’ex premier di dar vita ad un movimento che andasse oltre il Pd. Sorgono però domande , che credo saranno destinate a rimanere senza risposte. Perché Renzi si è accinto a questo strappo dopo aver fatto da apripista all’intesa con il 5Stelle e quindi costringendo il riluttante Zingaretti a dar vita al nuovo governo? E perché questa accelerazione, che pur essendo già da tempo nell’aria non sembrava essere scontata in un momento in cui si era registrata una sostanziale unità del partito ? Forse dietro c’è un qualche progetto ambizioso, probabilmente anche nobile, di dar vita ad un movimento, che affrancandosi dalla tradizionale sinistra riesca a coagulare istanze di rappresentanza sociale di forze moderate, probabilmente ancora non del tutto espresse, anche al di fuori del tradizionale recinto del centrosinistra per lodevolmente ampliare il fronte di quanti si vogliono opporre al sovranismo di Salvini. Renzi infatti questo ha dichiarato: di voler combattere meglio Salvini e quindi rafforzare il secondo governo Conte. In questa dichiarata intenzione sembra che venga evocata l’esigenza di voler rappresentare il fatidico centro della politica. Ma tanti sono stati i tentativi di far risorgere politicamente il centro per offrire rappresentanza ai cosiddetti moderati. Tutti naturalmente naufragati. La verità è che questi progetti o non erano mai forniti di solide basi culturali o si affidavano a nostalgie del passato non più spendibili nel tempo presente. Per questo anche questa mossa di Renzi, lui stesso la definisce una renzata, se non viene sostenuta da un valido retroterra politico-culturale e da una solida prospettiva programmatica rischia di fare la medesima fine.
E poi ci sono le conseguenze che il nascere di un nuovo interlocutore politico può avere sul neonato governo Conte. Sì ci sono le rassicurazioni che in proposito si è affrettato a fornire lo stesso Renzi, ma nulla può distogliere dal pensare che Renzi con i suoi gruppi parlamentari voglia condizionare l’attività di governo per impedire, che si stravolgano le riforme del suo governo, penso soprattutto al jobs act ed alla buona scuola, e impedire che il Pd, liberatosi dell’ingombrante ex segretario, finisca per piegarsi troppo al populismo vagamente di sinistra del Movimento Cinque Stelle. Quanto può durare la collaborazione, già difficile di per sé, tra Zingaretti e Di Maio con l’affacciarsi sul tavolo del governo di questo terzo interlocutore? Per ora non è dato sapere. Resta comunque di conoscere quale sarà sul lungo termine la risposta, per ora solo rabbiosa, del centrodestra. Certamente se l’introduzione sul panorama politico di questo nuovo soggetto, che per ora si chiama “Italia viva”, riuscisse a disarticolare, almeno in parte, il fronte del centrodestra, questo sarebbe già un primo successo, ma permangono anche le incertezze sul modo come vorrà articolarsi questa nuova creatura renziana, se ad esempio rimarrà un soggetto plasmato solo sulla figura del leader o riuscirà ad aver un vero insediamento sociale. Già tante forze, in questa stagione politica, imperniante sul carisma del leader hanno avuto scarsa fortuna. Renzi sarà capace di evitare tutto questo tenendo a bada il suo ego? E’ difficile a dirsi. Per questo il sorgere di questo nuovo soggetto politico rimane comunque un azzardo e viene voglia di ricordare a Renzi di non stare per nulla sereno.