‘Ndrangheta, cominciati gli interrogatori, ecco le intercettazioni dell’inchiesta
Sono cominciati oggi gli interrogatori di garanzia davanti al gip, Alberto Avenoso, dei 54 destinatari di misure cautelari, 46 in carcere e 8 ai domiciliari, nell’ambito dell’inchiesta “Quarto passo” che ha smantellato un’organizzazione legata all’ndrangheta. Intanto emergono particolari sull’operazione dei Ros. In particolare, dalle intercettazioni telefoniche, emerge un pesante quadro di intimidazioni.
“E’ meglio che dai i soldi altrimenti può succedere qualche cosa, avete famiglia e avete nipoti, è meglio per voi se pagate”. “Ti vengo a cercare, so dove abiti, ti sparo. Ti devo ammazzare adesso oppure aspetto domani?”. Sono queste solo un paio della moltitudine delle intercettazioni ambientali e telefoniche raccolte dai carabinieri del Ros che danno l’idea ben precisa delle modalità con cui il gruppo ‘ndranghetista smantellato ieri a Perugia conduceva i suoi affari in Umbria, nel capoluogo in particolare. La criminalità organizzata ha cercato di infiltrarsi facendo leva sulla paura e sulla crisi ma, come detto anche dai rappresentanti delle istituzioni (da Bocci alla Marini, passando per Brega e Romizi), il nostro territorio “ha gli anticorpi buoni”. Le vittime hanno cominciato a ribellarsi e a parlare con gli inquirenti. Di certo le intimidazioni sono state molto pesanti. “Ho amici mafiosi calabresi che ti sotterrano”. Tra le vittime dei ricatti c’è chi si è visto bruciare un cancello, chi l’auto, chi, per aver rinunciato alla protezione della cosca, ha visto andare in fumo un cantiere edile. E’ questo il caso di un imprenditore costretto ad accettare con violenza “dopo che aveva rifiutato la richiesta dei calabresi di fornire a un sodale lavoro nell’ambito dell’edilizia – si legge nell’ordinanza incendiavano il deposito del cantiere a Ponte San Giovanni (…) e tentavano di costringerlo ad accettare la protezione del sodalizio paventando in caso contrario ulteriori problemi e l’incendio di un cantiere edile sito a Balanzano (devi state attento perché potrebbero venire anche al cantiere e provocarti qualcosa di più grosso)”.
Un imprenditore ha poi riferito agli investigatori che “era meglio per me fare come mi chiedevano loro per evitare guai e problemi alla mia famiglia e ai miei figli. Campiso Mario si vantava di conoscere i mafiosi calabresi che comandano a Cirò Marina…. chi non si allinea alle loro richieste giù in Calabra fa una brutta fine, spariscono e nessuno li ritrova più…. e consuetudine murarli nelle gettate di cemento… ti verrò a cercare a casa”.
Il sodalizio mirava al controllo del territorio. In un’intercettazione uno degli indagati dice a un imprenditore che vuole aprire un negozio a Perugia di “non prenderlo il negozio, sennò il secondo giorno chiudi”. E ancora: “se lo vendiamo lo consumiamo e lo lasciamo morto davanti al bar”.
Intanto inizieranno domani gli interrogatori di garanzia del gip, Alberto Avenoso, dei 54 destinatari di misure cautelari, 46 in carcere e 8 ai domiciliari mentre le indagini vanno avanti.