Slitta la nuova legge regionale sulle sagre, Confcommercio e Fipe sugli scudi

“Sulla questione della nuova legge sulle sagre – che non riuscirà ad andare in porto nemmeno nel 2014 – la politica umbra ha mancato oggi l’ulteriore occasione per dimostrare di essere all’altezza delle necessità e delle aspettative delle imprese e dei cittadini”.

Confcommercio e Fipe, la Federazione dei pubblici esercizi, esprimono un durissimo giudizio sul comportamento dei politici umbri che, facendo slittare la convocazione della seconda Commissione consiliare regionale che avrebbe dovuto affrontare la fase conclusiva della legge sulle sagre, l’ha di fatto condannata a non poter entrare in vigore nemmeno con il nuovo anno. “Quella sulle sagre – sottolineano Confcommercio e Fipe – è una legge tribolata, che ha avuto un iter lunghissimo, che ha prodotto un testo sul quale, dopo un confronto di anni, sembravano convergere sia maggioranza e opposizione. Un testo che ha il grande merito di aver acceso finalmente i riflettori sul tema della qualità delle manifestazioni di questo tipo e dei prodotti che offrono. Nonostante non rispondesse pienamente alle richieste delle imprese del settore ristorativo, schiacciate da tasse e da incombenze di ogni tipo, alle prese con nuove pressanti normative, sottoposte alla concorrenza sleale di tutti quei soggetti che di fatto fanno ristorazione senza averne gli oneri”.

“E’ inaccettabile – aggiungono Confcommercio e Fipe – che la politica umbra non abbia voluto portare a compimento un lavoro così lungo e impegnativo, dando anche un forte segnale di attenzione alle imprese, che stanno vivendo una crisi durissima e che esigono rigore, coerenza, regole uguali per tutti. Tutto questo avrebbe dovuto richiamare chi ci amministra a un maggiore senso di responsabilità”.

“La politica umbra – proseguono Confcommercio e Fipe – non è stata capace di rispettare gli impegni assunti, anche pubblicamente, per una riforma della legge regionale che avrebbe dovuto vedere la luce entro dicembre 2012, per valorizzare le sagre vere e di qualità, e regolamentare in qualche modo tutto ciò che oggi è invece ristorazione selvaggia, ovvero senza i costi e gli oneri delle imprese del settore, che rischiano di dover chiudere e licenziare i propri dipendenti”. I ristoratori umbri non sono contro le sagre. Ritengono però che debbano essere meglio regolamentate, per evitare il proliferare di iniziative gastronomiche che, spesso non avendo nulla a che fare con la cultura, le tradizioni o le tipicità del territorio, esercitano una forma di concorrenza sleale insostenibile. In questo momento gli imprenditori del settore sono schiacciati da tasse e tariffe, sottoposti a continue visite da parte degli organi di controllo, penalizzati dalla crisi dei consumi e privati di liquidità dalla stretta creditizia. Ad appesantire la situazione – concludono le due associazioni – c’è anche la concorrenza sleale rappresentata da una somministrazione parallela (intorno al 40%) che non deve sottostare alle osservanze a cui sono tenuti, invece, i pubblici esercizi (in materia fiscale, igienico sanitaria, del lavoro…) e che rende impossibile una sana a leale concorrenza”.

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