Incendi in Umbria, per Confagricoltura la prevenzione non è più rimandabile
PERUGIA – Sviluppare un modello economico/produttivo del bosco anche in Umbria, promuovere la superficie boschiva come coltura agraria a tutti gli effetti, anche per evitare i fenomeni che si stanno verificando in questi giorni a causa del grande caldo e delle temperature elevate. Siccità ed incendi stanno infatti interessando anche molte aree della regione con un crescendo davvero preoccupante.
Su questo tema Confagricoltura si batte da sempre ed ora l’associazione degli agricoltori, in merito ai continui incendi di queste ore, alza nuovamente la voce per sottolinearlo ancora: “Un bosco coltivato è anche un bosco presidiato, meno soggetto al degrado idrogeologico, al degrado da effetti meteo rilevanti e all’aggressione degli incendi” afferma il presidente di Confagricoltura Umbria, Fabio Rossi.
L’Italia è un Paese forestale con 10,9 milioni di ettari di bosco e terre boscate. I nostri boschi, ricorda Confagricoltura, in meno di 30 anni sono cresciuti del 20% e, attualmente, coprono il 38% della superficie nazionale contro la media UE del 33%. Con un incremento notevole negli ultimi anni, che ha portato la superficie forestale a superare quella agricola.
Negli ultimi quarant’anni abbiamo perso quasi 110.000 ettari all’anno di superficie boschiva a causa di incendi. Quest’estate in Italia c’è un incendio quasi ogni sette minuti ed in Umbria, in particolare, dall’inizio dell’anno sono bruciati 222 ettari di boschi e campi.
In Umbria, oggi, la superficie forestale è il 50% del territorio. Una delle regioni con maggiore percentuale di copertura boschiva, accresciuta negli anni ed in costante crescita, denotando non solo una rinaturalizzazione dei territori ma l’effetto del progressivo abbandono delle superfici marginali che è strettamente collegato all’abbandono agricolo e soprattutto zootecnico.
Considerando che il fenomeno dell’avanzamento boschivo, causato dallo spopolamento delle montagne, “andrebbe arrestato incentivando – come sottolinea il presidente Rossi – agricoltura e allevamento nelle zone montane e tutte le attività di valorizzazione dei prodotti del sottobosco e di quell’economia integrata che trova anche nel turismo un motore”.
“Nei terreni non coltivati e nei pascoli abbandonati – prosegue Rossi – il territorio è più vulnerabile e lo stato della vegetazione (molto secca) è causa di innesco e velocità di propagazione degli incendi. Per questi motivi risulta fondamentale la manutenzione, con agricoltura e zootecnia, dei terreni circostanti i boschi”.
Un bosco è sano se viene coltivato, in particolare in Umbria dove prevale il bosco a ceduo, periodicamente (20/30 anni) deve essere soggetto al taglio e prelievo del legname lasciando in piedi gli alberi che assicurano la ricrescita. In questo modo il bilancio della CO2 delle superfici boschive assicura sempre un vantaggio ambientale. Escluso il legname destinato ad opera, che permette una cattura definitiva di CO2, l’uso della legna utilizzata per il calore deve essere incentivato attraverso le nuove apparecchiature a basse emissioni e maggiore efficienza.
I boschi umbri hanno al pari di molti altri una forte carenza di piste forestali, pertanto un programma organico deve poter essere sostenuto da percorsi autorizzativi e sostegni economici per ripristinare e realizzare una idonea viabilità forestale che è anche collegata ad interventi sull’assetto idraulico ed anche propedeutica ad una maggiore frequentazione dei boschi e per favorire interventi in caso di incendi.
L’agricoltura è quindi componente essenziale per i territori dell’Appennino. Per questo motivo Confagricoltura chiede di effettuare ancora di più una riflessione profonda sulla sostenibilità economica dell’agricoltura in queste aree. I territori appenninici, proprio come quello umbro, caratterizzati spesso da una debolezza strutturale ed infrastrutturale che ne comporta marginalità ed isolamento economico-sociale, possono invece assumere un ruolo strategico nelle politiche di coesione territoriale che mettono al centro degli obiettivi le cosiddette “aree interne”.
Perché distruggere infatti questa ricchezza accumulata che ci ha portato ad essere il secondo grande Paese europeo per aree boschive e forestali? “Oltre a continuare nell’opera di dissuasione e repressione degli incendi dolosi – sottolinea anche Enrico Allasia, presidente della Federazione nazionale di prodotto delle risorse boschive di Confagricoltura – occorre puntare in maniera sempre più forte sulla gestione di questo nostro patrimonio di boschi e foreste, per valorizzarlo, proteggerlo, migliorando così la biodiversità e la resilienza del nostro polmone verde”.
Pianificare la prevenzione, non più rimandabile, significa circoscrivere i danni, facilitando l’egregio lavoro di chi si occupa dello spegnimento e avviare interventi mirati sulle differenti realtà e caratteristiche. Ma non solo. “E’ ormai irrimandabile – conclude il presidente della Federazione nazionale di prodotto delle risorse boschive di Confagricoltura – la corretta progettazione e manutenzione della viabilità forestale e dei viali tagliafuoco. E’ necessario anche mantenere i soprassuoli arborei in un buono stato di salute, così come va sensibilizzata la cittadinanza sulle tematiche forestali con una corretta informazione”.