Mamma chiede giustizia, mostra in pubblico le foto del cadavere del figlio morto sul lavoro
Per ottenere giustizia è pronta a tutto Lena Dodaj, la madre di Maringleno Dodaj, l’operaio di origine albanese morto sul lavoro a soli 25 anni, il 18 novembre del 2011, dopo essere precipitato dal tetto di una ditta di Narni Scalo. Dopo dieci anni è tornata di nuovo a chiedere giustizia e ha deciso di mostrare in pubblico le foto del cadavere del figlio. La donna, ieri mattina, si è presentata davanti al Tribunale di Terni con un cartello in cui ha pubblicato due immagini del giovane, nudo e ormai senza vita, disteso ” sul pavimento di uno sgabuzzino del Pronto soccorso” dell’Ospedale Santa Maria di Terni, dove era stato ricoverato dopo l’incidente. Foto che, ha detto ancora la donna, ha recentemente scoperto in un fascicolo acquisito in procura. “Sono rimasta scioccata nel vederle – ha commentato – Mio figlio è stato umiliato da vivo e da morto”. Le indagini a carico del personale sanitario sono state però già più volte archiviate. ” Mi appello al procuratore di Perugia che intervenga su una faccenda raccapricciante” , ha detto Lena Dodaj, spiegando di essere pronta a proseguire la sua protesta anche davanti agli uffici giudiziari del capoluogo di regione. Insomma, a dieci anni dalla morte di suo figlio non si ferma la battaglia di Lena. Il giovane precipitò dal tetto di un capannone mentre stava lavorando . Più volte la donna ha chiesto risposte su quanto avvenuto: ” Perché mio figlio è morto ? Perché il suo corpo è stato ben cinque giorni in ospedale senza autorizzare l’autopsia ? Dopo l’incidente mortale del 2011 Lena Dodaj non ha mai smesso di lottare. Ha chiesto di riaprire il caso per fare piena luce sulle eventuali responsabilità, ha fatto lo sciopero della fame per protestare contro i silenzi, ha presentato una denuncia-querela alla Procura della Repubblica di Terni anche alla luce delle foto ritrovate. In realtà il datore di lavoro di Maringleno è stato condannato in primo grado ma per lei mancano ancora troppe cose. E per questo non si dà per vinta.