Città di Castello, Sindaco: “la ripartenza ora più che mai passa anche per date simbolo come il 25 Aprile”

La ripartenza passa anche per date simbolo come il 25 Aprile: dopo due anni di stop e manifestazioni in forma ridotta causa pandemia in tanti questa mattina si sono ritrovati davanti al palazzo comunale e poi in corteo verso il monumento alla resistenza altotiberina per celebrare il 77esimo anniversario della liberazione. Da Piazza Venanzio Gabriotti guidato dal gonfalone del comune, le autorità e le associazioni combattentistiche, il corteo accompagnato dalle note della Filarmonica G. Puccini, diretta dal maestro, Nolito Bambini, ha raggiunto il monumento in viale Vittorio Veneto, percorrendo il centro storico, Corso Cavour, Piazza Giacomo Matteotti, Corso Vittorio Emanuele e Largo 22 Luglio. Dopo aver deposto la corona di fiori ai caduti, il sindaco, Luca Secondi ha aperto la serie degli interventi programmati, prima di tutto sottolineando come “la data del 25 aprile 1945, in cui avvenne la totale liberazione del territorio italiano dal nazifascismo, è festa simbolo del calendario repubblicano, autentica festa di tutto il popolo italiano quanto più si esercita come necessità di misurarsi costantemente e senza scorciatoie ideologiche con i più drammatici problemi quotidiani che la nostra contemporaneità ci pone”. “Oggi più che mai ritrovarci tutti insieme a celebrare questo giorno storico-epocale significa, soprattutto ritrovarci con le giovani generazioni in un compito spontaneamente comune e condiviso, che non potrà non vederci uniti e solidali nell’affermazione di princìpi universali di democrazia, fratellanza e infinita riconoscenza e ricordo per quanti hanno lottato per la difesa degli ideali di indipendenza e di libertà”. “La comunità di Città di Castello – ha concluso il sindaco Secondi – si è sempre contraddistinta per un senso vigile e intelligente della democrazia, pagando alti prezzi per la sua conquista e vivendo la Liberazione d’Italia del 25 aprile 1945 come un atto, drammatico quanto si vuole, ma pur sempre compiuto a favore e nell’interesse di tutto il popolo, senza divisioni di classe e senza più odio dettato dalla politica. Così, auspichiamo e vogliamo che quella Liberazione di settantasette anni fa sia ricordata e celebrata ancora, oggi e in avvenire, da tutti”. “La Sezione ANPI di Città di Castello – ha dichiarato la Presidente, Anna Maria Pacciarini – partecipando al sollievo generale per la riduzione delle restrizioni anti-Covid, intende ancora una volta sottolineare come il 25 aprile sia la festa di tutti gli italiani, liberati dal nazifascismo 77 anni fa. Il contributo che dette la Resistenza alla liberazione del nostro Paese fu determinante perché dalla macerie del fascismo nacque un paese libero e democratico: dov’è dittatura non vi è libertà e senza libertà non c’è pace. Il pensiero di questo 25 aprile va, in particolare, alla guerra in Ucraina e alle sofferenze di quella nazione, la cui invasione da parte della Russia l’Anpi ha condannato e continua a condannare fermamente. Occorre lavorare tutti – ha concluso la Presidente tifernate dell’Anpi – per un mondo senza guerre e noi voglio essere in prima fila per un NO forte e chiaro alla guerra e per l’umanità al potere.” Anche Alvaro Tacchini, Presidente dell’Istituto di storia politica e sociale, “Venanzio Gabriotti” ha fatto riferimento alla drammatica situazione internazionale nel corso del suo intervento: “forse mai come quest’anno le celebrazioni della Liberazione dal nazi-fascismo devono guardare oltre la pur importante commemorazione storica – ha detto Tacchini – gli eventi internazionali ci interrogano e ci inquietano, perché sentiamo che quella pace, quella libertà e quella democrazia riconquistate sconfiggendo il nazi-fascismo sono ancora valori fragili. Li sta gravemente incrinando una potenza militare che non esita a invadere un Paese indipendente per affermare le sue mire egemoniche, violando il principio dell’autodeterminazione dei popoli. Le ricadute rischiano di sconvolgere gli equilibri internazionali faticosamente raggiunti e di provocare un riarmo generalizzato; inoltre – ha concluso Tacchini – prefigurano uno scenario di difficoltà economiche e sociali che inevitabilmente si abbatteranno soprattutto sulle fasce più deboli della popolazione di tutto il mondo.” Presenti alla giornata di celebrazioni, fra le numerose figure istituzionali, il sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico, Anna Ascani, il deputato, Walter Verini, il vice-presidente dell’assemblea legislativa dell’Umbria, Michele Bettarelli, membri della giunta e consiglieri comunali. Non è certo passata inosservata, anzi degna di molte attenzioni e inevitabile orgoglio, la presenza alle celebrazioni e al corteo in sella ad una vecchia bicicletta, del tifernate di Paolo Rossi figlio di Carlo Rossi (nato a Città di Castello il 29 Aprile 1916), che nel maggio del ’44 fu deportato dai nazisti prima in Polonia poi in Olanda poi in Germania ad Amburgo attraverso un doloroso peregrinare fra i fili spinati dei campi di concentramento con la morte sempre davanti agli occhi. Dopo un anno di stenti e tribolazioni inenarrabili ad Agosto del 1945, tramite mezzi improvvisati per piccoli tratti in treno giunse a Bolzano ed ebbe la fortuna di recuperare una vecchia bicicletta, in sella alla quale, pelle ed ossa dopo un mese riuscì a tornare a casa dalla propria famiglia che ormai non sperava più di vederlo sano e salvo. Una vecchia bici nera simbolo della libertà e la vittoria della democrazia sull’oppressione e gli orrori della guerra che ancora oggi è funzionante e con la quale tutte le domeniche fino al 2002, Carlo Rossi (è scomparso all’età di 86 anni) andò a messa negli anni a venire. La storia drammatica di Carlo, della fuga verso la libertà in sella alla bici nera che il destino gli ha fatto trovare nel posto giusto e al momento giusto è stata una dei simboli della giornata della memoria lo scorso gennaio che gli è valsa la medaglia d’onore concessa dal Presidente della Repubblica attraverso il Prefetto di Perugia, Armando Gradone, a cittadini deportati ed internati nei lager nazisti durante la seconda guerra mondiale. “Essere qui oggi, come sempre – ha detto il figlio Paolo Rossi – è solo un piccolo ma doveroso gesto per rendere omaggio ad un uomo, come tanti, che ha pagato il prezzo della crudeltà altrui ma che non ha mai perso la speranza di vivere e la voglia di raccontare regalandoci emozioni, trasmettendo valori e ideali che condividiamo insieme oggi più che mai nella giornata simbolo di quella dolorosa parentesi della nostra storia”.