Scuola, Istituto Bernardino di Betto primo al concorso nazionale 1,10,100 .., ninne nanne, filastrocche, fiabe e giochi per dire NO alla mafia
L’istituto Omnicomprensivo Bernardino di Betto, scuola secondaria di primo grado, si è aggiudicato, classificandosi al Primo posto, il Premio del Concorso nazionale 1,10,100 .., ninne nanne, filastrocche, fiabe e giochi per dire NO alla mafia – Edizione 2020/2021 dedicato a Lea e Denise Garofalo.
Il premio, causa differimento dovuto alla pandemia, è stato consegnato ai ragazzi guidati dalla Professoressa Stefania Bernasconi il 6 giugno scorso, sigillando la soddisfazione dei ragazzi umbri che, affrontato un tema difficile con grande impegno, sensibilità e creatività, hanno preceduto i circa 100 istituti partecipanti da tutta Italia.
Promosso dal Miur, il concorso che si è posto l’obiettivo di recuperare, creare, trasformare le ninne nanne, filastrocche e giochi di una volta, è dedicato a Lea e Denise Garofalo.
Lea cresce in una famiglia ‘ndranghetista, in cui la nonna le insegna che “il sangue si lava con il sangue”.
Testimone di giustizia sottoposta a protezione dal 2002, decise di testimoniare sulle faide interne tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno Carlo Cosco. Il 24 novembre del 2009 Cosco attira l’ex compagna (ormai fuoriuscita da mesi dallo speciale programma di protezione) a Milano, anche con la scusa di parlare del futuro della loro figlia Denise. Approfittando di un momento in cui Lea rimane da sola senza Denise, Carlo la conduce in un appartamento che si era fatto prestare proprio per quello scopo e la uccide distruggendone il corpo dopo l’omicidio.
Le indagini per la scomparsa e l’omicidio di Lea Garofalo portano, nell’ottobre 2010, all’arresto di Carlo Cosco. Il processo vede la presenza di Denise, figlia di Lea, come testimone chiave, avendo questa deciso di testimoniare contro suo padre. Il processo si conclude con la condanna di Carlo Cosco all’ergastolo.
Il concorso 1,10,100 .., ninne nanne, filastrocche, fiabe e giochi per dire NO alla mafia, trae spunto dalla sorella di Lea, Marisa, la quale ha raccontato che le mamma dell’’ndrangheta mentre allattano i figli li invitano ad essere omertosi, inculcando nei loro bimbi, fin da piccolissimi, quei disvalori che cresceranno forti e robusti dentro di loro.
L’obiettivo degli ideatori del concorso è, quindi, una rivoluzione culturale che faccia da contraltare alla logica ‘ndranghetista. Ecco, quindi, che in un mondo dominato dalla tecnologia, dove le favole vengono raccontate da un’App, incentivare il recupero dell’intimità tra madre e bimbo aiuta a recuperare un patrimonio popolare comune essenziale nella formazione dei cittadini di domani rispettosi dei valori costituzionali e dell’impegno civile.