Addio a Peter Brook: il saluto dell’Umbria

“Se ne è andato il più grande maestro e regista del ‘900. E, anche se lui non voleva essere chiamato ‘maestro’, sono convinto che non ci sia definizione migliore per chi ha reinventato e rivoluzionato l’arte della messa in scena a livello mondiale”. Così Nino Marino, il Direttore del Teatro Stabile dell’Umbria, si unisce al cordoglio per la scomparsa di Peter Brook, da molti anni in strettissimo rapporto di stima, rispetto e collaborazione con il TSU, seguito sempre dalla sua assistente e regista Marie-Hélène Estienne.
TA MAIN DANS LA MIENNE, THE VALLEY OF ASTONISHMENT, WHY?, BATTLEFIELD, THE SUIT, THE PRISONER, fino a all’ultimo TEMPEST PROJECT (in scena a novembre 2021) sono le ultime creazioni di Peter Brook presentate in anteprima assoluta al Teatro Cucinelli di Solomeo. “LA TEMPESTA è la creazione con cui Shakespeare ha voluto congedarsi e ‘riporre le armi della magia’. Mi piace pensare che non sia un caso che proprio l’ultimo spettacolo di Brook corrisponda a quello del drammaturgo e poeta inglese con cui ‘passava la vita a dialogare‘, come raccontò lui stesso una sera a Brunello Cucinelli”. – prosegue Nino Marino – Ricordo che alla prima italiana di TEMPEST PROJECT ci chiamò dalla sua casa a Parigi per sapere com’era andato il debutto e come aveva reagito il pubblico. Gli facemmo ascoltare gli applausi dal telefono… fu un momento emozionante, di profonda umanità e amicizia che non potrò mai dimenticare”.

 

La Fondazione Festival dei Due Mondi di Spoleto e la direttrice artistica Monique Veaute si uniscono al cordoglio per la scomparsa di Peter Brook, tra i più grandi maestri del teatro del Novecento. Ospite del Festival di Spoleto nel 2010 con Eleven and Twelve / 11 and 12, spettacolo tratto dal libro dello scrittore africano Amadou Hampatè Bâ sulla vita e gli insegnamenti di Tierno Bokar, Brooke, nel corso della sua lunga carriera di regista, ha ridefinito il modo di concepire il teatro grazie a produzioni celebrate per aver spogliato il teatro del superfluo e per aver ridotto il dramma all’essenziale. «Posso prendere qualsiasi spazio vuoto e chiamarlo palcoscenico nudo. Un uomo cammina in questo spazio vuoto, mentre qualcun altro lo guarda, e questo è tutto ciò che serve per un atto teatrale».