Perugia, celebrata la veglia di preghiera con mandato missionario
Molto partecipata è stata la Veglia diocesana di preghiera in preparazione alla Giornata Mondiale Missionaria (domenica 23 ottobre) tenutasi a Perugia, presso la chiesa di San Ferdinando, nella serata del 21 ottobre. Presieduta dall’arcivescovo Ivan Maffeis insieme al direttore dell’Ufficio per la cooperazione tra le Chiese, mons. Orlando Sbicca, e a diversi sacerdoti, religiosi e religiose, la veglia è culminata con il mandato missionario conferito a Giacomo e Elena con i loro quattro figli, una giovane famiglia che presto ritornerà in Perù, nella missione dell’Operazione Mato Grosso dove ha operato anche la missionaria martire Nadia De Munari, uccisa lo scorso anno. A ciascuno di loro è stato donato un crocifisso, «segno – ha commentato mons. Maffeis – di fede e di carità per tutti… Giacomo, Elena, i loro figli, ripartendo per il Perù, diventano un segno e lo Spirito del Risorto li accompagni e interroghi ciascuno di noi a fare la propria parte». La Veglia è stata alternata da preghiere e meditazioni dal forte richiamo alla missione e alla carità che ogni cristiano è chiamato a testimoniare, tratte da brani di papa Francesco e di Santa Teresa di Calcutta di cui quest’anno ricorre il 25° anniversario della morte.
Mons. Maffeis, commentando il passo del Vangelo, ha ricordato che «lo Spirito Santo è la forza che ancora oggi, come all’inizio del cristianesimo, porta i battezzati ad annunciare, a testimoniare Cristo a tutti i popoli. I nostri piedi sono piantati saldamente su questa terra dove testimoniamo l’amore al Signore e l’amore del Signore per ogni uomo. Non è un caso che dove arriva il Vangelo, dove arriva un missionario cresce la comunità, lo sviluppo, la persona, la giustizia e la pace. E a questo proposito ci uniamo a tutti coloro che nelle piazze del Paese stanno alzando la voce per domandare che finisca la guerra in Ucraina, che si arrivi davvero ad un negoziato credibile per fermare questa guerra».
«Quella dei missionari – ha sottolineato l’arcivescovo – è spesso una testimonianza a caro prezzo, a prezzo della loro stessa vita. Il testimone del Vangelo è un martire, è uno che dice che nel Signore ha trovato quella pienezza, che Dio è tutto, per cui il resto diventa relativo. Per quanto è importante la vita, la stessa vita può essere donata. E qui va il pensiero ai tanti Paesi del mondo in cui non c’è libertà religiosa, Paesi in cui laici, religiosi, religiose, preti, vescovi pagano con la vita la loro testimonianza. Oggi pensiamo all’Eritrea, al Camerun, al Nicaragua, semplicemente per prendere tre diverse notizie attuali, di persone sequestrate, imprigionate per la loro fede. Rivolgo il mio grazie e la mia gratitudine alle tante persone che partecipano alla Veglia di questa sera e a quanti provengono da Paesi diversi dal nostro, testimoni della loro fede nel Signore e con questa testimonianza aiutano le nostre comunità a ringiovanirsi nella fede».