25 APRILE FESTA DI TUTTI

di Pierluigi Castellani

Come ogni anno in occasione del 25 aprile torna in modo ricorrente la questione se festeggiare la liberazione dell’Italia dal nazifascismo sia una data che  possa riconciliare il paese. Quest’anno però è la prima volta che le massime autorità dello stato, presidenza del Senato e presidenza del Consiglio dei Ministri, sono appannaggio di un partito, che lascia qualche dubbio circa l’oscurità della sua storia. Quando si dice che l’antifascismo è superato perché non c’è più il fascismo sembra che si voglia non riconoscere a pieno che la storia dell’Italia democratica e repubblicana è nata dalla Costituzione nutrita da quelle forze e culture che hanno animato la resistenza e l’antifascismo. Certamente a distanza di tanti anni da quell’evento è giusto, che si cerchi una pacificazione in omaggio ai principi democratici di cui oramai godiamo, ma purché rimanga chiaro che fascismo ed antifascismo non possono essere messi sullo stesso piano e che si riconosca storicamente chi allora era dalla parte dell’errore e chi invece si trovava dalla parte della ragione. Se si smarriscono queste certezze può negarsi che esista il  pericolo del ritorno indietro della storia ma si deve comunque sapere che quando si ripete la si rivive nella tragedia. Per questo nel celebrare il 25 aprile non si può fare di ogni erba un fascio e non si può non essere allarmati quando sprazzi di quella cultura ,che pur si ritiene superata, riemergono di tanto in tanto in chi con quella storia sembra non aver fatto fino in fondo tutti i conti. Quando un membro del governo si lascia sfuggire parole come quelle che evocano il pericolo di una sostituzione etnica a proposito del tema dell’emigrazione, quando si tenta di rovesciare sugli attentatori di via Rasella le colpe dell’eccidio delle Fosse Ardeatine e quando si parla delle vittime semplicemente come italiani anziché di ebrei ed antifascisti , cercando di oscurare  la corresponsabilità dei fascisti nell’aver  collaborato alla stesura dell’elenco di coloro che verranno condotti al massacro, sembra che in alcuni ancora alberghino scorie di quella cultura, che ha animato il ventennio. C’è dietro questo atteggiamento, non si sa quanto consapevole, che quella storia tragica non sia nata da una esasperazione del nazionalismo sovranista, che tutt’ora serpeggia nella politica del nostro paese. Non si tratta di gettare degli infondati allarmi, ma solo di far presente  che il 25 aprile è la data che tutti gli italiani debbono ricordare. In quella data vive perennemente un monito contro ogni tirannide totalitaria, e l’avvertimento  che la democrazia non è per sempre acquisita, ma che occorre difenderla e viverla ogni giorno con quell’accortezza che ci mette al riparo dal riviverla tragicamente. La storia di un passato che appare lontano può sempre riemergere, anche inavvertitamente, quando si vuole stendere sul passato un indistinto velo assolutorio.