DOPO I BALLOTTAGGI
di Pierluigi Castellani
Chiuse le urne per questa tornata di amministrative con i ballottaggi, le forze politiche debbono interrogarsi come affrontare il vasto astensionismo, che si è registrato sia al primo turno che al secondo. Questo è indice di una salute non buona della democrazia. Quando una larga fetta di elettori diserta le urne significa che non si ha più fiducia nella politica e nella sua capacità di dare le risposte che i cittadini attendono. Si dirà che è un problema che non riguarda solo l’Italia, ma quando il nostro sistema di democrazia occidentale è sotto attacco, tanto che si stanno configurando alleanze, che mettendo insieme autocrazie, se non proprio dittature, come la Russia di Putin, la Corea del Nord e la Cina, che dicono apertamente di voler stringere patti per opporsi a tutto quello che si significa occidente con i suoi saldi principi di liberaldemocrazia, c’è veramente da preoccuparsi. L’altra considerazione investe la salute delle forze politiche, che si sono misurate in questa competizione e cioè quale giudizio dare al confronto tra centrodestra e centrosinistra. Appare evidente che si registra una ripresa del centrosinistra, che mantiene con largo consenso sue roccaforti come Firenze e Bari e riprende dopo dieci anni Perugia con quello che il capoluogo della regione significa per tutta l’Umbria chiamata al voto il prossimo autunno. In Umbria dopo Perugia il centrosinistra ha riconquistato una città come Bastia ed ha mancato per un soffio di voti sia la ripresa di Foligno che di Orvieto. Certamente si deve annotare che la riconquista di Perugia è da ascriversi molto al significativo e generoso impegno della candidata Vittoria Ferdinandi, che giungendo alla politica dopo la sua esperienza professionale e civica ha saputo ridare entusiasmo ad un popolo, soprattutto di giovani, con una capillare campagna di ascolto e una grande attitudine dialogante ed inclusiva. Ferdinandi si è anche avvalsa di un campo “vasto” ( scaramanticamente non lo voglio chiamare “largo”) plurale e significativo della società perugina. Perugia ora sembra voler riconquistare il suo ruolo di centro culturale ed universitario oltre che di capoluogo di una regione, che ha l’ambizione di ridare vigore e slancio a quella idea di Italia mediana, che anche le regioni contermini intendono condividere. Ora certamente occorre fare seguire i fatti alle tante idee e proposte lanciate nella campagna elettorale, ma soprattutto ricucire un tessuto sociale, che in campagna elettorale, soprattutto nei quindici giorni che hanno separato il primo turno dal secondo, si è trovato lacerato da una pesante contrapposizione alla quale non sono mancati anche episodi scorretti al limite della calunnia. Archiviati i ballottaggi a Perugia ed in Umbria, ma anche nel più ampio contesto nazionale, è necessario , affrontare i reali problemi, che il nostro paese ha di fronte e che sono al di là di ogni propaganda l’aumento delle povertà, i bassi salari che fanno emigrare i nostri giovani talenti, il sistema produttivo che non trova figure professionali necessarie per il suo rilancio, e l’incertezza della collocazione europea dell’Italia. Non a caso a questo riguardo Romano Prodi ha parlato della politica della Meloni come ambidestra, cioè che non riesce a scegliere tra il campo decisamente europeo ed il campo del sovranismo. Il sovranismo è una vera e propria contraddizione in termini rispetto a quello di cui ora c’è massimamente bisogno in Europa, chiamata a dover dar forza ed autorevolezza ad un suo, per ora balbettante, protagonismo nel nuovo scenario geopolitico, che si sta delineando.