Il Risorgimento a Norcia: toponomastica, ricordi marmorei e personaggi
di Rita Chiaverini
Ogni via o piazza fa parte della vita quotidiana dei cittadini e non è un caso che attraverso i nomi con i quali vengono denominate si possano in qualche modo ricostruire gli avvenimenti politici e storici che hanno caratterizzato la storia locale e nazionale. Lo dimostra, ad esempio, il fatto che il Risorgimento ha segnato profondamente la toponomastica delle città e dei piccoli borghi italiani. All’indomani del processo di unificazione nazionale fu tutto un fervore per intitolare strade e piazze ai personaggi, ai luoghi e agli eventi che portarono all’Unità d’Italia. Fu una gara a innalzare monumenti, erme, ricordi marmorei a quelli che furono i protagonisti degli eventi: Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini, il re Vittorio Emanuele II e il suo primo ministro, Camillo Benso conte di Cavour.
Norcia non sfugge a questa considerazione: nel 1882, anno della morte di Garibaldi, il consiglio comunale approvò l’elenco delle sessantanove ‘strade comunali interne di Norcia’ che formarono il primo corpus di nomenclatura risorgimentale che ancora oggi contraddistingue una parte rilevante della rete viaria urbana. A questo primo nucleo, negli anni successivi, si aggiunsero altre denominazioni per ricordare il lungo e tormentato processo che tra il 1820 e il 1918 portò all’unione degli italiani in tutta la penisola, dalle Alpi alla Sicilia.
E fu così che l’antica piazza maggiore di Norcia, oggi piazza S. Benedetto, venne dedicata a Vittorio Emanuele II, il ‘re galantuomo’, il ‘padre della patria’, l’ultimo re di Sardegna e il primo re d’Italia. Tuttora a Norcia sono presenti vie o piazze dedicate a Cavour, Mazzini, Mameli D’Azeglio, La Marmora, Manin, Pellico, Alfieri, Govone, Carlo Alberto, Umberto, Margherita e, più in generale, ai Savoia. C’è una via Cairoli, una via Bandiera, una via Roma e una piazza Carignano. Nelle vie nursine vengono ricordati anche poeti e scrittori che proclamarono arditamente nei loro scritti gli ideali di libertà e indipendenza: Vittorio Alfieri, Ugo Foscolo, Alessandro Manzoni, Vincenzo Gioberti. La stessa ansia di unità fu espressa in musica da Giuseppe Verdi, ed anche a lui è intestata una piazza. Un’attenzione particolare poi è dedicata al ricordo delle battaglie della II guerra d’indipendenza con via Solferino e via S. Martino. Una piazza, poi, è dedicata all’eroe dell’unificazione italiana, Garibaldi, di cui è conosciuto il passaggio in Valnerina nel 1849 per accorrere in difesa della Repubblica Romana. L’eroe dei due mondi sostò il 24 gennaio a San Pellegrino dove mangiò – come si racconta – polenta di castagne e noci. Accompagnato da un gruppo di fedelissimi tra cui Nino Bixio, Garibaldi era diretto da Macerata a Rieti dove il ministro dell’interno della Repubblica Romana aveva stabilito di raccogliere e far muovere la colonna della I legione italiana, agli ordini del Generale. Mentre la legione, formata da circa 500 uomini, tenne la via di Tolentino, Foligno, Spoleto, Terni e Rieti, Garibaldi, per ispezionare i confini, passò a cavallo per Ascoli, Arquata del Tronto, S. Pellegrino, Cascia, Ruscio, Morro Reatino, Piediluco e Rieti.
Nelle «Memorie di Garibaldi” si legge un passo che testimonia il suo passaggio attraverso questo territorio: “Fin verso la fine di gennaio, soggiornammo in Macerata, da dove partimmo per Rieti con ordine di guarnire questa città. La Legione marciò a quella volta per Colfiorito, ed io per la via d’Ascoli, e la valle del Tronto, con tre compagni per osservare e percorrere la frontiera napoletana. Valicai l’Appennino per le scoscese alture della Sibilla; imperversava la neve, e mi assalirono i dolori reumatici che mi tolsero tutt’il pittoresco del mio viaggio. Vidi le robuste popolazioni della montagna, e ne fummo accolti amorevolmente, fummo ascoltati da loro con entusiasmo, e que’ dirupi risuonavano dalle grida di libertà italiana. Di qui a pochi giorni i preti sollevavano quel buon popolo contro la Repubblica Romana».
A ricordo di questo viaggio, svoltosi nelle impervie montagne dell’Appennino umbro-marchigiano e in condizioni difficili a causa della neve e del freddo, rimangono una serie di lapidi poste, nei decenni successivi, in diverse località delle Marche e dell’Umbria tra cui S. Pellegrino di Norcia. Nella facciata dell’abitazione della famiglia Orelli, attualmente demolita, nel 1882 la giunta municipale, presieduta dal sindaco Benedetto marchese Cipriani, fece apporre una lapide commemorativa a ricordo dello straordinario evento della sosta di Garibaldi (la lapide oggi si trova all’ingresso della biblioteca comunale). In quella stessa circostanza, il vicolo fino allora denominato ‘del galletto’ assunse la denominazione di ‘via Garibaldi’, le cui gesta sono tuttora rammentate a San Pellegrino dalla presenza di via dei Mille e via Marsala. Queste decisioni vennero ratificate il 27 maggio 1883 dal Consiglio Comunale di Norcia presieduto dal sindaco Feliciano Gentili.
San Pellegrino, tuttavia, è legata al Risorgimento anche per la figura di Giulio Di Stefano, uno dei primi – come è stato tramandato – ad entrare a Porta Pia il 20 settembre 1870. Emidio Di Stefano, pronipote di Giulio, conserva gelosamente la medaglia di bronzo ‘ai benemeriti della liberazione di Roma’ che raffigura ‘due fasci romani incrociati con in mezzo uno scudo collo stemma di Roma, la lupa e la leggenda Roma rivendicata ai suoi liberatori’. Giulio di Stefano ebbe anche una medaglia d’argento ma quando morì, il 18 agosto 1918 a 75 anni, volle essere sepolto con l’importante onorificenza che aveva ottenuto per l’impresa di Porta Pia.
A Norcia, il 20 settembre, data che ricorda l’occupazione di Roma, è ricordata oggi dal viale omonimo e tale ricorrenza venne solennemente festeggiata nel 1889 con l’inaugurazione di due lapidi con i medaglioni a Vittorio Emanuele II e Garibaldi, opera dello scultore Ettore Ferrari, lo stesso che realizzò il monumento a Giordano Bruno in piazza Campo dei Fiori a Roma.
Poste inizialmente sulla facciata della Castellina, furono spostate successivamente all’inizio di corso Sertorio, presso porta Romana, sul prospetto dell’edificio che oggi ospita gli uffici postali. La cronaca del tempo ricorda i dettagli della cerimonia di inaugurazione: «Alle 11 il corteo, composto di tutte le autorità, insegnanti ed alunni delle scuole, associazioni liberali e Comitato, muoveva dal Municipio alla piazza Vittorio Emanuele, preceduto dalla banda comunale e dalle rispettive bandiere; e si fermava avanti al monumento nazionale denominato la Castellina, ove son collocate le lapidi. Dopo un applaudito discorso del sindaco cav. Fusconi ebbe luogo lo scoprimento dei medaglioni al suono della marcia reale, dell’inno di Garibaldi, e fra gli evviva della folla. Fu poscia dagli alunni delle scuole elementari, d’ambo i sessi, cantato un coro del chiarissimo prof. Scuppa, direttore degl’istituti d’istruzione e musicato dal distinto maestro del concerto, Gaetano Baccelli. Se ne volle la replica. Seguirono altri discorsi, parimenti applauditi, del pretore Alfini e dello studente Marino. Nel pomeriggio, dopo un’eletta prolusione del prof. Blasi e una bella relazione del lodato direttore Scuppa, ebbe luogo la premiazione scolastica e quella dei vincitori della gara del Tiro a segno, ai quali rivolse patriottiche, elevate ed applaudite parole il presidente Laurenti-Forti. Finalmente un pranzo di cento coperti, con brindisi d’occasione, precedette la serata, brillante pel tempo, per gaia luminaria, per generale allegria, eccitata dal suono di scelta musica».
Nel 1904 la data della caduta del dominio papale venne festeggiata con l’inaugurazione di una lapide, opera dello scultore Fringuelli, al re Umberto I e le allora scuole tecniche secondarie vennero intitolate al sovrano ucciso a Monza il 29 luglio 1900 dal giovane studente anarchico italiano Gaetano Bresci.
Nel 1910 i festeggiamenti furono molto più solenni. Si cominciò il 10 agosto, centenario della nascita di Cavour, quando con legge nazionale 7 luglio n. 459, la giornata venne dichiarata festa nazionale con tanto di esposizione di bandiera negli edifici pubblici. Si proseguì il 20 settembre, quando Norcia venne salutata al mattino dal suono della campana civica mentre sugli edifici pubblici venne issato il vessillo tricolore e, gli stessi, in serata vennero illuminati. Le celebrazioni si conclusero il 2 ottobre, alla presenza del deputato on. Carlo Schanzer e dei sindaci dei comuni limitrofi, con l’inaugurazione della targa marmorea, opera di Filippo Trovaioli, ubicata attualmente in corso Sertorio, sulla facciata della caserma dei carabinieri. Il testo recita: NEL CINQUANTENARIO / DELLA LIBERAZIONE DELL’UMBRIA / NORCIA / PARTECIPA AL GAUDIO DELLE CITTÀ SORELLE / RICORDA IL GLORIOSO 18 SETTEMBRE 1860 / CHE SEGNANDO LA FINE / DEL NEFASTO POTERE TEOCRATICO / LA RICONGIUNSE ALLA GRAN PATRIA ITALIANA. In ogni caso, nel 1910 ricorreva non solo il cinquantesimo anniversario della liberazione dell’Umbria ma anche quello della liberazione di Spoleto, alle cui cerimonie prese parte anche la città di Norcia..
Nel 1911, a livello nazionale, solenni furono i festeggiamenti per il cinquantenario dell’Unità d’Italia. La città di Norcia fu coinvolta, nella persona del sindaco Vincenzo Paris, nella pubblicazione di un album illustrato, contenente ritratto e biografia di ciascun sindaco italiano che venne offerto in omaggio ai sovrani d’Italia. L’opera, pubblicata “per geniale idea del sig. Scarpettini Alberto, direttore della rivista illustrata ‘La Settimana’ di Roma” fu presentata al Presidente del Consiglio dei Ministri Giovanni Giolitti il 4 giugno 1911, giorno dell’inaugurazione del monumento a Roma a Vittorio Emanuele II, comunemente detto il ‘Vittoriano’, quello stesso monumento che dopo il primo conflitto mondiale ha accolto le spoglie del Milite Ignoto.
Un ritratto fotografico di Vicenzo Paris è tuttora conservato nel municipio nursino. Oltre ad essere stato sindaco nei primi anni del Novecento, fu anche autore della prima e oggi rara “Guida di Norcia” edita nel 1906. Nel 1922 il Paris, tenente colonnello in pensione, ottenne dal Ministero della guerra il riconoscimento all’assegno vitalizio in quanto veterano nella campagna di guerra del 1866. Tra i protagonisti del risorgimento nursino deve essere ricordato Camillo Brandimarte, anche lui nel 1922 riconosciuto veterano della campagna navale di guerra del 1866, nota come battaglia di Lissa. Quest’ultimo, infatti, faceva parte del Corpo Real Navi, dipendente dal Ministero della Marina. Pur non potendo citare con precisione a quale campagna di guerra presero parte in quanto i documenti archivistici sono lacunosi, tra i veterani delle guerre 1848-1870 figurano anche Alessandro Paoletti del fu Serafino e Giovanni Stefano Persiani fu Francesco, abitante nella frazione di Agriano di Norcia. Ricordiamo anche il farmacista Stefano Lanzi (1820 – 1901). Pur non avendo trovato documenti specifici, sulla sua tomba, nel cimitero di Norcia, è ricordato l’impegno come volontario nel 1848 per l’Unità d’Italia.
Ma è Cesare Mannocchi, brigadiere dei carabinieri, nato a Norcia il 12 dicembre 1824 da Antonio e Anna Paris il vero patriota dimenticato nella sua città. Morì il 26 giugno 1849, a soli 25 anni, in difesa della Repubblica Romana. È sepolto a Roma sul Gianicolo, nel mausoleo-ossario garibaldino, dove tra il 30 aprile e i primi giorni del luglio 1849, guidata da Giuseppe Garibaldi, si svolse l’ultima strenua difesa della Repubblica Romana, proclamata il 9 febbraio dello stesso anno. In quel mausoleo, progettato dall’architetto Giovanni Jacobucci (1895-1970), sono ricordati i nomi di oltre 1600 caduti nelle battaglie per Roma Capitale dal 1849 al 1870. Tra questi, 120 sono umbri come, ad esempio, Colomba Antonietti, la figlia di un fornaio di Foligno che morì combattendo, al fianco del marito Luigi Porzi, sulle barricate a difesa della Repubblica Romana. La lastra marmorea che ricorda Mannocchi si trova nell’ala sinistra, nei pressi del sarcofago in porfido che conserva le spoglie di Goffredo Mameli, il giovane poeta genovese, autore dell’inno d’Italia, morto per la difesa della Repubblica Romana a soli 22 anni per una ferita alla gamba degenerata in cancrena. Nessuna lapide, nessuna via o piazza, ricorda a Norcia Cesare Mannocchi il cui nome non è presente nemmeno sul monumento ai caduti.