LA SETTIMANA DEL PROFESSOR AFFABILE

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Il demagogo è ripartito. La campagna elettorale continua. Arriverà un altro demagogo, la prossima settimana. E la campagna elettorale continuerà. Beppe Grillo e Matteo Salvini, indifferenti ai ritmi della vita umbra, se ne sono infischiati, il primo del Kalendimaggio di Assisi, il secondo – il 15 maggio – della Festa dei Ceri.

Dopo le iniezioni di popolarità alle quali i leader nazionali costringono l'Umbria, l'attività dei candidati e dei loro capisquadra riprende e si concentra sull'obiettivo.
E sarà un'attività più tonificata di prima? Affabilmente, nutro molti dubbi in proposito. Prendete Beppe Grillo: l'ultima volta, nel 2007, era stato a Villa Fidelia il 10 settembre 2007 per un “Vaffaday”. Allora, la sua presenza era presentata come “lo spettacolo dell’incontenibile Beppe Grillo in 'Reset', dove non mancheranno risate e i suoi discorsi all’umanità”. Adesso, il calo di creatività di Grillo è palese, la sua genialità si limita – come ha fatto ieri – a pochi slogan, con una gamma molto più ristretta di gag e di elucubrazioni rispetto ai “Vaffaday” di qualche anno fa. E il popolo dovrebbe sentirsi tonificato da quattro passi nel primo caldo di maggio dietro un Demagogo laureato in politichese? Dove sono i suoi “discorsi all'umanità”, quelle logorroiche tirate alle quali ci aveva abituati fino a due o tre anni fa? Tutto il Movimento sta rifluendo nella flemma di Casaleggio e nell'acume politico dei grillini più credibili, forse Di Maio ha questa allure. Ma il resto? Ma l'Umbria?
In attesa di Grillo, il candidato alla Regione del Movimento, Andrea Liberati, aveva parlato del governo umbro come di una “foresta pietrificata”. Almeno uno sforzo d'inventiva, uno spunto tragicomico. Da Grillo, niente, le sue battute oggi sono gratis: non sarà per questo che non ce le dà più, perché i suoi spettacoli non si pagano, si votano soltanto?
Però, la “foresta pietrificata” di Liberati, a modo suo, ha colto nel segno. Un universo di idoli pietrificati si è insediato effettivamente per qualche ora, questa settimana, nella nostra regione. Come definire diversamente gli accorsi da Roma all'Hotel Plaza di Perugia Brunetta e Tajani, Gasparri e Fiori? Con sfumature diverse – la più sguaiata, manco a dirla, quella di Brunetta – tutti hanno interpretato l'appoggio a Ricci come una giornata accademica. Siamo molto lontani dal popolo sudato di Grillo, ma il senso della lezione ripetuta e del parlare qui perché Roma intenda è palese e, di fatto, dichiarato, su entrambi i fronti di Forza Italia e del Movimento di Grillo. Che resta all'Umbria, ai candidati umbri, ai capisquadra di questi passaggi elettorali. Potrebbe arrivare anche Berlusconi in persona, non cambierebbe niente, alla faccia della “primavera delle idee”.
Qualche difficoltà, devo dire con affabile condiscendenza, l'ho avuta anche a rispondere alla stessa domanda: “che resta all'Umbria?” nel caso del passaggio umbro di Matteo Orfini, presidente del Pd. Davvero si fatica a vedere in questo zelante politico giovane e intelligente il corrosivo leader dei “Giovani turchi” o, come è più corretto dire, di “Rifare l'Italia”. Però la grinta, che punge sotto parole più misurate di quelle di un tempo, c'è ancora tutta: “In Umbria – ha concluso il suo intervento a Terni – è stato fatto molto e il lavoro ha dato risultati, ma è necessario far scattare una forte mobilitazione, che sarà a sua volta favorita dalla doppia preferenza di genere”.
Ecco, ha ragione Orfini, sta ai capisquadra uscire fuori dal pelago in cui Roma li sta irretendo. E il segreto è quello di reggere bene e in armonia le squadre loro affidate, i candidati e le candidate che, molto normalmente, si stanno accalorando per le loro preferenze. Ma questo compito non dovrà essere predominante, ci sono meccanismi che, a volte, è più opportuno lasciare al loro movimento naturale. Meglio farebbero, i capisquadra, a guardare nel mare silenzioso delle attività che si svolgono nei Comuni umbri, alle prese, come sappiamo, con l'approvazione dei bilanci e con tutto ciò che di drammatico ne consegue. Sono lì dentro i problemi veri della gente umbra e il fatto che il governo abbia pronto il decreto sugli enti locali, come ci veniva ricordato, va posto con energia al centro del dibattito elettorale. Non è una promessa romana. È, può essere, una virtù nazionale.

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