LA SETTIMANA DEL PROFESSOR AFFABILE
di Umberto Giorgio Affabile.
Ma la campagna elettorale la fanno i leader nazionali, i candidati alla presidenza o, nelle squadre, chi davvero ha investito energie e risorse in un seggio a Palazzo Cesaroni e ci punta? La settimana appena trascorsa lascia questo forte dubbio senza risposte e, poniamo che io sia tra coloro, i tantissimi, che sono incerti elettori ma che finiranno per votare: perché dovrei essere costretto a farlo dall’appeal di Berlusconi, di Grillo, di Salvini, di Nencini, del Guardasigilli Orlando? Addirittura da quello di Renzi, se il Capo del Governo dovesse presentarsi negli ultimi giorni, come pure ci è stato affabilmente profetizzato?
È troppo, davvero troppo, il clamore che si fa intorno ai leader che vengono da Roma ed è giustificato solo da una paura fottuta di non avere la credibilità adeguata a spostare i consensi. A questo punto della partita, invece, i due candidati Marini e Ricci dovrebbero essersi affrancati a sufficienza dalle ipoteche romane. E invece, ecco Ricci che sgambetta con qualche sorriso meno aperto del solito sulla scia di Salvini; ed ecco la presidentessa dover aspettare ancora quel tiepido amore di Renzi!
Gli unici ad avvantaggiarsi a causa di un tavolo strategico così congegnato sono i candidati che hanno, nello smontaggio sistematico dell’Umbria, il loro cavallo di battaglia, dal M5Stelle ad Alternativa riformista, per andare da chi, dopo la Marini e Ricci, ha il massimo e il minimo dei consensi accreditati da manipolati sondaggi. E, contando che Salvini non ha un candidato del suo partito ma ha costretto Ricci a fare da cavia, può essere che anche lo stesso sindaco di Assisi tragga qualche vantaggio dal fatto che l’Umbria si è messa al traino della politica romana. Certo, il disgusto che si lascia dietro Salvini, le rissosità e le trivialità, non sono cose che si addicono all’abito indulgente di Ricci (più consono, a quanto pare, alle pretese delle formichine di Scelta civica), ma i voti sono voti e oggi, davvero, Forza Italia sembra messa nell’angolo dalla ripresa della Lega.
Sul fronte del Pd, lo sprone impresso da Matteo Orfini al partito in occasione della sua visita a Terni della quale ho già parlato (“è necessario far scattare una forte mobilitazione”) non sembra stia dando vistosi segnali di recepimento. Va bene che i partiti sono ormai struttralmente deboli, ma tanta mollezza dietro alla parola d’ordine di un capo mi pare proprio pericolosa. Una volta, mica tanti anni fa, un ordine così perentorio venuto da Botteghe Oscure o da Piazza del Gesù avrebbe fatto tremare i polsi ai funzionari e ai dirigenti, fino all’ultimo militante partito con colla e pennello ad attaccare i manifesti.
Oggi che non è più così, dovrebbero spazio, uno spazio enorme, i candidati in lista per essere eletti.
E, in fondo, credo che questo sia il loro momento. Da oggi e per le due ultime settimane di campagna elettorale, la scena è tutta per i candidati credibili. Mentre la partita tra la Marini e Ricci si gioca sul tavolo a parte cosiddetto “dei sondaggi” (ma i confronti televisivi non bisognerebbe disertarli, costi quello che costi!), fatto di alleanze con i grandi elettori che contano in questa regione (chi saranno, poi, vallo a capire, se gli industriali o gli umili frati che hanno preghiere per tutti), i candidati credibilmente (e affabilmente) eleggibili dovrebbero essere usciti fuori dal gruppo dei gregari o gregarizzati. E ognuno dovrebbe lottare con le armi che gli sono proprie: c’è chi può vantare benemerenze della trascorsa legislatura, c’è chi si sta aprendo la strada proprio in questa tornata elettorale.
Ormai è solo da questo tipo di candidati che c’è da aspettarsi un vero e proprio programma elettorale. Solo essi hanno titolo per parlare dell’Umbria che gli elettori vorrebbero vedere realizzata. Non l’Umbria della protesta, ma quella della proposta. Non l’Umbria dei successi e degli insuccessi, ma quella che deve succedere, nel senso di capitare, di avverarsi non per caso, ma per l’intelligenza e la proprietà delle riforme da compiere. Perché tutti dovrebbero avere riforme da proporre, specie quei candidati che si giovano del consenso della trascorsa maggioranza. Coraggio, dunque, facciamo uscire allo scoperto, una volta tanto, i temi dello sviluppo di questa regione, qualcuno ce li dica, al di là delle fatue enunciazioni, con il cuore in mano e non guardando alla regìa del proprio schieramento. La gente sa ancora apprezzare il coraggio non picaresco e la determinazione non ostentata della passione.