DIS…CORSIVO. INTERVISTA AL PROFESSOR AFFABILE
NOSTRADAMUS – Da tre mesi lei scrive articoli domenicali su UD che riguardano la preparazione dell’ormai prossima scadenza delle regionali. A pochi giorni dal voto, qual è il “tono” della campagna elettorale? Lo immaginava così a metà febbraio?
AFFABILE – Spesso ho l'impressione che le forze politiche stiano soffrendo di una eccessiva lunghezza della campagna elettorale e, se consideriamo che la volata è cominciata almeno da un anno prima, con tutta la faticosa gestazione della legge elettorale, la cosa è comprensibile. I “messaggi” erano pronti da tempo e quest'ultimo tempo sta producendo, a livello di partiti, una lenta ruminazione. Diverso è il discorso per i candidati: a essi il tempo non basta mai, consumeranno fino all'ultimo minuto utile nell'impresa di conquistare preferenze. Dunque, abbiamo un “tono” che è la risultante delle interferenze tra i “messaggi” dei partiti – macchinosi e statici – e l'attivismo dei candidati, che coniugano con tempi più appassionanti e contatti sempre più ravvicinati con gli elettori le parole d'ordine dei loro schieramenti. Il “tono” è, così, molto uniforme in superficie e molto accelerato in profondità, più o meno come tre mesi fa, con la sola differenza che, a metà febbraio, i candidati erano più “irrequieti” che “appassionati” di oggi, proprio perché ancora dovevano conquistarsi un posto in lista, pensavano più a loro stessi che al colloquio con gli elettori.
NOSTRADAMUS – Ecco, gli elettori. Al di là dei sondaggi e non consultando la palla di vetro, come si avverte il movimento di opinione dei votanti: fermo rispetto alle appartenenze storiche o in procinto di muoversi orizzontalmente?
AFFABILE – Il flusso fra centro–destra e centro–sinistra mi sembra poco significativo; quello verso il Movimento 5 Stelle ha recuperato consistenza dopo avere corso il richio di dividersi fra la destra di Salvini e la sinistra di Tsipras, compagini che, in ogni caso, faranno marcare la loro presenza in maniera non eclatante ma decisa; ancora oggi reputo determinante il passaggio, la scelta dall'astensione al voto. È lungo questa corrente di preferenze che si decide definitivamente l'esito della campagna elettorale. I due principali antagonisti – la Marini e Ricci – possono dire di avere il risultato vincente in tasca, nelle loro rispettive tasche: la prima per il mantenimento del consenso di partenza, per quanto eroso, il secondo per la rimonta che ha compiuto, per quanto tenuta sopra le righe. Né l'una né l'altro, però, sanno quale e quanto elettorato votato al non voto potranno portare, all'ultimo, al voto. Per questo li aspettano giorni decisivim, caldi, bollenti. E se per un verso è un bene che i leader nazionali scendano in Umbria a dare lo strattone che ci vuole, per un altro verso tanto la Marini quanto Ricci farebbero bene a non puntare tutte le loro ultime carte su questi assi pigliatutto, ma a chiedere ai loro candidati il massimo di capillarizzazione dell'impegno.
NOSTRADAMUS – Ma chi sono, più che gli incerti, gli elettori che i due contendenti devono recuperare al voto?
AFFABILE – Sono i delusi del cambiamento, coloro che vogliono sentirsi dire che, anche nella continuità ci vuole cambiamento o che, nel cambiamento, non si può smontare tutto l'edificio Umbria per farne un qualcosa di indefinibile. La Marini dovrebbe parlare ai primi, Ricci dovrebbe parlare ai secondi con convinzione. C'è un popolo umbro che, pur essendi di centro-destra o di centro-sinistra, ha paura e non si fida. Chi non ha paura e si fida ha già scelto, consapevole o azzardato che sia: lo abbiamo già visto sulle piazze, nelle convention, agita le bandiere e le scope, si è manifestato e manifesta l'alone di partecipazione che ha intorno a sé. Ma chi ha paura e non si fida può ancora vincere le sue ritrosie e identificarsi, di nuovo, in un a scelta. E bisogna fare in tempo per parlare al suo cuore.