Spoleto, operazione antidroga “Missing Blonde”: i carabinieri chiudono il cerchio
SPOLETO – Un albanese è stato arrestato per spaccio dalla compagnia di Spoleto nell’ambito dell’operazione ‘Missing Blonde’. L’uomo era sfuggito alla cattura martedì notte.
Durante il blitz, scattato alle quattro del mattino e coordinato dal comando provinciale di Perugia, 60 Carabinieri avevano dato contestualmente esecuzione a undici misure cautelari nei territori di Spoleto e Assisi, individuando e traendo in arresto gli indagati. Il blitz ha consentito di stroncare le fila di una solida organizzazione dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, che operava nel territorio umbro in generale, e in particolare nello spoletino. Qui l’associazione dedita all’importazione e allo spaccio di cocaina aveva ottenuto nel tempo il quasi totale monopolio del narcotraffico locale.
Ieri pomeriggio gli investigatori del Nucleo Operativo e Radiomobile, dopo incessanti ricerche, hanno chiuso finalmente il cerchio, rintracciando in questo centro e traendo in arresto il dodicesimo indagato. Tra le accuse mosse all’uomo vi è quella di aver partecipato attivamente e unitamente ad altri tre soggetti, all’importazione di una grossa partita di cocaina proveniente dall’Olanda. Per conto del sodalizio nel 2014 avrebbe partecipato infatti alla consegna del denaro necessario per far arrivare lo stupefacente dall’estero via Milano. Sempre tramite l’ausilio di un intermediario residente in Lombardia si sarebbe poi attivato per far giungere la partita di cocaina in questo centro.
L’importante risultato operativo è stato ottenuto dai militari del Nucleo Operativo Aliquota Operativa della Compagnia, a seguito dell’attività investigativa convenzionalmente denominata Missing Blonde, coordinata dalla D.D.A. di Perugia. A seguito della complessa indagine le risultanze probatorie sono passate al vaglio del pubblico ministero, che ha chiesto e ottenuto tredici ordinanze di custodia cautelare, di cui nove in carcere e quattro agli arresti domiciliare, per capi e gregari dell’associazione.
Nove di essi sono di origine albanese da tempo radicati nel territorio umbro, mentre gli italiani, per due dei quali è stato disposto l’accompagnamento in carcere, sono tutti residenti a Spoleto.
L’indagine “Missing Blonde” portata avanti dal maggio 2013, prendeva ha preso le mosse dai servizi di osservazione effettuati dai militari e finalizzati a monitorare alcuni acquirenti di sostanza stupefacente del tipo cocaina, individuati dalla polizia giudiziaria all’inizio del 2013. Utilizzando sia i metodi investigativi tradizionali, che l’ausilio dell’attività tecnica, la polizia giudiziaria operante ha monitorato inizialmente due soggetti di origine albanese. È subito evidente che la banda ha un collaudato giro di spaccio e che coopta nelle fila dell’organizzazione anche assuntori italiani in qualità di “cavalli”. In particolare nei primi mesi del 2013 i due albanesi contattano italiani verso i quali vantano crediti per la cessione di sostanza stupefacente, con la finalità di rismerciare un’ingente partita di cocaina che è nella loro disponibilità.
L’indagine consente quasi subito di individuare e monitorare i promotori di una complessa organizzazione che faceva arrivare la cocaina dalla Svizzera e dall’Olanda via Milano per poi riversarla sul mercato locale. Nonostante sia evidente lo spessore delinquenziale dei soggetti, che ricorrono a numerosi accorgimenti per eludere le Forze dell’Ordine, quali il ricorso sistematico a schede telefoniche intestate a uomini di paglia, il contesto investigativo si amplia e consente di attribuire il ruolo di capi dell’organizzazione ai sodali K.G. e S.D., attivi sia nel reperire lo stupefacente, anche importandolo dall’estero, sia nel coordinare gli altri correi, dediti al successivo smistamento. Un primo importante riscontro investigativo si ottiene nel settembre 2013 quando gli investigatori traggono in arresto in flagranza di reato, S.S. soggetto di origine albanese da tempo radicato a Spoleto, per detenzione ai fini di spaccio di 45 grammi di cocaina, facente parte di una partita più grande appena giunta nella disponibilità del sodalizio. In particolare l’uomo, dopo aver preso accordi con i correi, li raggiunge nell’assisano e rientra a Spoleto con la propria “fetta” destinata all’immediato smercio in loco.
Il quadro investigativo si amplia in breve tempo consentendo di ricostruire il programma criminoso del sodalizio che, attraverso l’acquisto della partita, il taglio delle singole dosi, e lo spaccio diretto o affidato ai vari pusher, consentiva di ottenere il quasi totale monopolio del mercato spoletino. Tra i partecipanti interessante è il ruolo di una spoletina, moglie di S.S., che coadiuva strettamente il marito nell’attività di detenzione, confezionamento, spaccio e occultamento dello stupefacente e, dopo l’arresto del coniuge, si dedica al recupero dei crediti vantati nei confronti di numerosi acquirenti.
L’attività di polizia giudiziaria registra una serie di riscontri nel corso dei mesi dai quali si evince che lo stupefacente è destinato ad essere ceduto a numerosi acquirenti/utilizzatori attraverso un ramificato sistema piramidale che vede al vertice cinque cittadini albanesi. Gli acquirenti italiani e stranieri, a loro volta, con comportamenti attivi e di stabile partecipazione, esplicano l’attività di rivenditori al dettaglio della sostanza verso i numerosi utilizzatori finali. I pusher pagano ai promotori la sostanza in maniera dilazionata nel tempo o addirittura dopo averla “piazzata” sul mercato, a dimostrazione di un rapporto fiduciario stabile e consolidato, attraverso il quale “capi” e “galoppini” contribuiscono, nel rispetto dei ruoli operativi e della gerarchia, alla realizzazione del comune scopo criminoso. Un’organizzazione raffinata, per cui il reato contestato è quello di cui all’art. 74 del D.P.R. 309/90 ovvero quello di associazione finalizzata all’acquisto, importazione, commercio, distribuzione e cessione di sostanza stupefacente. Chiaramente distinti anche i ruoli ricoperti dai sodali: in particolare S.D., K.G., S.X., T.G. E S.S., tutti di nazionalità albanese, possono ritenersi i veri e propri promotori con il compito di reperire lo stupefacente, immetterlo nel mercato spoletino e umbro in generale, reclutare pusher, spartire lo stupefacente e riscuotere il ricavato del traffico di droga.
L’associazione si occupa di tutto, dalle questioni logistiche riguardanti il luogo di preparazione e taglio dello stupefacente, al calcolo dei potenziali guadagni, fino alla redistribuzione dei ricavi effettivi. Ad uno degli organizzatori è affidato addirittura il compito di reperire per tutti le schede telefoniche “pulite” per poter effettuare l’attività delittuosa, mediante utenze intestate a soggetti terzi, con la finalità evidente di impedire il controllo mediante attività tecnica da parte delle Forze dell’Ordine. Gli otto partecipanti contribuiscono in modo attivo e consapevole a realizzare gli interessi dell’organizzazione, spacciando in prima persona la partita loro affidata, e ricevuta dai sodali “in conto vendita”e recuperando i crediti vantati dall’associazione, dagli assuntori finali. Già nell’estate del 2013 i militari verificano le modalità di approvvigionamento, ricostruendo un viaggio in Olanda finalizzato al pagamento di una partita di cocaina, per la quale i sodali avevano piazzato 10.000 Euro a testa.
Attraverso un intermediario residente nel milanese la droga doveva giungere in territorio italiano tramite abili corrieri retribuiti con 1500 Euro a viaggio. Gli estenuanti servizi di osservazione fatti dai militari consentono altresì di individuare taluni luoghi di occultamento dello stupefacente. In zona agreste, all’interno della boscaglia gli uomini del Nucleo Operativo recuperano un barattolo di vetro con 5 grammi di cocaina già suddivisa in dosi e un bilancino di precisione, occultati nel tronco di un albero. Ciò consente di avvalorare l’ipotesi investigativa per la quale i sodali consegnano la sostanza, preventivamente occultata, ai vari pusher reclutati nell’attività di spaccio, fornendo loro cinque/dieci grammi alla volta destinati ai consumatori finali. Particolarmente attivo tra gli affiliati all’organizzazione si è rivelato un uomo, già noto per numerosi precedenti di polizia per spaccio di stupefacenti. Lo stesso, appena terminata la misura cautelare degli arresti domiciliari, contatta subito i sodali per offrire i propri servigi e rimettersi in affari.
Particolarmente accorto nell’adottare cautele finalizzate ad eludere i controlli da parte delle Forze dell’Ordine, mette a disposizione dei capi dell’organizzazione la propria “esperienza professionale” per tagliare quanto più possibile la sostanza con il fine di incrementare i guadagni dell’associazione. Numerose le cessioni individuate e cristallizzate dagli operanti ai consumatori finali, spesso acquirenti abituali ai quali poi viene presentato il conto, con pressanti richieste di denaro da parte del pusher, che recupera facilmente il credito grazie alla carica intimidatoria derivante dal far parte di un’organizzazione.