In Umbria la ripresa arranca

di Pierluigi Castellani

I dati pubblicati dalla Unioncamere dell’Umbria sull’economia della regione rivelano una situazione contraddittoria e con qualche difficoltà. Infatti mentre si registrano “ cauti segnali di ottimismo” pur tuttavia sul fonte dell’occupazione si registra un -1,9 rispetto al 4 trimestre del 2014 e uno -0,4 rispetto a settembre. Tutto questo a fronte di un aumento della produzione di+1,6 rispetto al terzo trimestre del 2015 con valori positivi in quasi tutti i settori. Insomma c’è un ‘aspettativa generale di miglioramento ma l’Umbria non sta al passo con il resto dell’Italia dove secondo l’Istat c’è un diminuzione della disoccupazione , cosa che non si registrava da sette anni. C’è naturalmente da interrogarsi su questo e perché nonostante un aumento dell’export umbro del 5,9 ciò non si traduca in un incremento dell’occupazione lasciando così al palo tanti giovani, che si affacciano oggi sul mercato del lavoro. Sembra evidente che le attività produttive umbre permangano, nonostante alcune significative eccellenze, strutturalmente deboli, non siano capaci di fare rete e soprattutto siano scarse di capitalizzazione tenuto conto della presenza soprattutto di piccole aziende non capaci di operare il salto verso una maggiore presenza sul mercato nazionale ed internazionale. Questa analisi dovrebbe stimolare tutti , imprenditori, sindacati e politici a riflettere su che cosa manca ancora alla regione per stare al passo con il resto dell’Italia e per cercare anche le opportunità offerte dalla coraggiosa manovra impressa da Mario Draghi alla BCE volta ad inondare il mercato europeo di liquidità ed a stimolare gli investimenti portando i tassi allo zero e offrendo al sistema bancario denaro a tasso negativo per la Banca centrale. E qui si arriva all’altro problema dell’Umbria, quello del sistema bancario che non riesce a dare sufficiente credito per gli investimenti e quindi per sostenere il sistema produttivo umbro. Insomma pare evidente da un esame provvisorio di questi dati che lo slogan tanto in auge negli anni settanta – ottanta e cioè che “piccolo è bello” oggi non sia più vero. E ciò sembra incontestabile non soltanto per la dimensione delle aziende ma anche per il sistema bancario umbro per troppo tempo legato alla dimensione delle banche come espressione di un territorio e quindi circoscritte in un ambiente limitato con scarsa capacità di offrire all’impresa quei servizi necessari per crescere e per competere in un mercato più ampio di quello locale. Infatti il sistema bancario umbro, pur in parte ristrutturato, necessita ancora di ulteriori sinergie ed aggregazioni, come del resto anche il recente provvedimento del governo sulle banche cooperative suggerisce. E’ passato il tempo della piccola banca espressione del territorio con una clientela di affezione quando oggi domina la finanza globale e quando un ‘impresa per crescere e migliorarsi ha bisogno di servizi che la pongano in relazione con il mondo intero. Quindi la società regionale, sia civile che politica, ha bisogno di misurarsi con questa nuova consapevolezza se vuole che la nostra regione colga il segno “più” anche nel settore dell’occupazione. L’avvertimento è certamente soprattutto per la politica regionale che, superato questo stallo di difficoltà dovuto al tema della sanità, torni a preoccuparsi di creare con stimoli e risorse le condizioni per una ripresa dello sviluppo, offrendo all’intera regione obbiettivi ed indicazioni perché si possa sperare in un futuro migliore ed anche per dimostrare, oggi che si sta affrontando il tema delle macroregioni, che l’Umbria è ancora un territorio ed un’identità da difendere.

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