di Donatella Porzi
Se esiste, come purtroppo esiste, un’Umbria degli stereotipi e dei luoghi comuni, la Valnerina è una delle parti della regione che più di altre hanno subito il destino dell’immagine bella ma edulcorata, caratteristica ma priva di anima, suggestiva ma irrimediabilmente vuota.
Mentre anche la Valnerina usciva dal suo stato di area montana isolata e povera, il turismo la promuoveva e la ricerca antropologica cercava di studiare i reperti delle antiche civiltà per non lasciarle andare in rovina e renderle, invece, materiale prezioso per il domani.
Parlo di fenomeni, quello del turismo di massa e quello della ricerca antropologica, che si sono sviluppati appena qualche decennio fa e che oggi, nel bene e nel male, caratterizzano le linee di sviluppo della Valnerina.
Egildo Spada – che conosce sia il turismo della Valle, sia la documentazione antropologica e può aggiungere la competenza amministrativa di primo cittadino del suo paese – ci sorprende con un’impennata di orgoglio poetico e intellettuale. Egli sente che la sua testimonianza sulla Valle non può “limitarsi” a parlare, in un libro, di turismo, di antropologia, di amministrazione delle città della Valnerina.
Egli sente che c’è il bisogno di narrare le esperienze fatte in Valnerina, che, nel suo caso, equivalgono alle esperienze di una vita intera.
Qui la sorpresa finisce, dovrebbe finire, perché ognuno che conosca minimamente Egildo Spada sa quanto egli sia poeta e scrittore, persona di grandi doti umanistiche, ricercatore di vie di scrittura insolite, bravissimo interprete dell’evoluzione del panorama letterario non solo locale.
La sorpresa, invece, in qualche modo continua perché Egildo Spada, con l’animo colmo della sua passione per la Valnerina, ha trattato, in questo libro, un’ipotetica guida della Valle come un suo percorso interiore. E’ chiaro e dichiarato che qui, nel “taccuino”, si tratta di un’operazione della coscienza di Egildo, simile a quelle che, in poesia, egli ha compiuto nei suoi libri di poesia (ricordo quello che abbiamo presentato, tre anni fa, a Villa Fidelia di Spello). Questa volontà di rivedersi nel passato, però, lo porta a rimettere in fila un percorso concreto, tattile, emozionale, spettacolare che si articola, città per città, come in una guida insolita e per certi versi fuori del tempo.
E il libro diventa bello, molto bello, appassionante anche se spesso malinconico, curioso anche se pieno di riflessioni.
Già dall’introduzione siamo immersi nell’atmosfera di un viaggio che l’autore compie come per riparare al poco tempo che sembra abbia dedicato al viaggio in Valnerina. In realtà, sappiamo quanto Egildo abbia percorso la Valle in largo e in lungo, ma egli aveva bisogno di questo nuovo attraversamento della Valle per indicare a tutti una cosa, oltre che a soddisfare una propria necessità: la Valle – e l’Umbria, aggiungo io – vanno raccontate, ci vogliono penne d’autore per invogliare
il residente e l’ospite a scoprire, nel viaggio, qualcosa di se stesso oltre che della meraviglia che lo circonda.