Perugia, 13 dicembre incontro “Dal blu egizio di Raffaello ai violini Stradivari. L’importanza delle indagini diagnostiche nella ricerca
Lunedì prossimo, 13 dicembre 2021, alle ore ore 17, a Perugia, la Sala delle Colonne di Palazzo Graziani ospiterà l’incontro “Dal blu egizio di Raffaello ai violini Stradivari. L’importanza delle indagini diagnostiche nella ricerca” organizzato dal Laboratorio di Diagnostica per i Beni Culturali (LabDia), un’associazione tra enti pubblici (Ministero della Cultura, Regione Umbria, Comune di Spoleto, Dipartimento di Chimica dell’Università di Perugia) con l’obiettivo di valorizzare e diffondere i risultati e le attività altamente specializzate per la tutela, la salvaguardia e lo studio del patrimonio culturale.
L’appuntamento è il primo di tre previsti: gli altri due si svolgeranno nei primi mesi del 2022 a Città di Castello e Spoleto.
Tutte le iniziative sono organizzate con il sostegno della Giunta regionale e dell’Assemblea legislativa della Regione Umbria.
Considerato un’eccellenza a livello nazionale, il Laboratorio umbro opera utilizzando le strumentazioni, i portatili di cui dispone, così da evitare lo spostamento delle opere d’arte dalla sede di ubicazione; così si evita il pericolo di danneggiamenti e permette di operare anche all’esterno su superfici murali dipinte o lapidee di chiese e palazzi.
A Perugia, il 13 dicembre prossimo si parlerà di due importanti campagne di indagini che il LabDia ha portato avanti negli anni, in particolare nel 2020: la prima, relativa alla scoperta che Raffaello nel 1512 utilizzò, ricreandolo, un colore dimenticato da secoli, il blu egizio, primo pigmento di sintesi della storia; la seconda, interessa casi di studio inimmaginabili, come i violini storici del maestro liutaio Antonio Stradivari, costruttore a cavallo tra Sei e Settecento di strumenti a corde di straordinaria fattura, universalmente riconosciuto come il più grande di tutti i tempi.
I saluti istituzionali saranno portati dall’Assessore alla Cultura della Regione Umbria, Paola Agabiti, dal vicepresidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia Nicola Bastioni, dal Direttore del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Perugia Alceo Macchioni, da Giovanni Luca Delogu Storico dell’Arte della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria e da Marina Balsamo, Presidente del Laboratorio di Diagnostica per i Beni Culturali di Spoleto (LabDia).
Poi, moderati dal giornalista e scrittore Mimmo Coletti, prenderanno la parola: Aldo Romani, Presidente del Centro di eccellenza tecnologie scientifiche innovative applicate alla ricerca archeologia e storico-artistica, Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Perugia, con un intervento dal titolo evocativo, “La diagnostica: dove chimica e arte si incontrano”, incentrato sull’importanza della diagnostica non invasiva per lo studio delle opere d’arte; Vittoria Garibaldi, Direttore scientifico del LabDia di Spoleto, che illustrerà le attività in corso; Manuela Vagnini, Chimico esperto, che approfondirà la ricerca effettuata sul blu egizio con un intervento dal titolo “Il trionfo di Galatea a Villa Farnesina – studio della tavolozza di Raffaello”; Marco Malagodi, Responsabile scientifico del Laboratorio Arvedi di Diagnostica non invasiva al Museo del violino di Cremona, con il quale il LabDia collabora da anni, che introdurrà i presenti nel mondo della musica.
L’identificazione del blu egizio è avvenuta durante la campagna di indagini effettuata dal LabDia in collaborazione con ENEA, IRET-CNR e XGLAB-Bruker ed ha portato alla scoperta nel 2020 dell’utilizzo da parte di Raffaello nel 1521 del primo blu artificiale della storia dell’arte, il primo pigmento in assoluto di origine non naturale, la cui preparazione sembra collocarsi intorno al 3100 a.C e che risulta costituito da un silicato misto di calce e rame.
Saranno mostrati i risultati della campagna di analisi non invasive condotte sull’affresco intitolato “Trionfo di Galatea”, dipinto da Raffaello nella Sala di Galatea a Villa Farnesina a Roma, sede dell’Accademia Nazionale dei Lincei.
L’uso del blu egizio è stato individuato in tutto il cielo, il mare e persino negli occhi di Galatea. L’ampio uso fattone da Raffaello indica la precisa volontà dell’artista di ricorrere ai materiali pittorici dell’antichità, per ritrarre un soggetto mitologico.
La passione di Raffaello per l’antico, nota solo attraverso testimonianze documentali, si concretizza nei materiali che egli stesso decide di ricreare, primo fra tutti il blu egizio di cui Vitruvio, nel suo trattato De Architectura, riporta gli ingredienti e il procedimento di preparazione.
L’Accademia ha coinvolto il Laboratorio di Diagnostica (LabDia) di Spoleto, in considerazione della decennale esperienza dei suoi tecnici e della disponibilità delle più aggiornate strumentazioni diagnostiche portatili e non invasive, in occasione della mostra per il V centenario dalla morte di Raffaello, che si è tenuta a Villa Farnesina tra ottobre 2020 e gennaio 2021. L’attività di studio a cui hanno partecipato Michela Azzarelli e Manuela Vagnini per il LabDia, Claudio Seccaroni (ENEA), Chiara Anselmi (IRET-CNR), Roberto Alberti, Tommaso Frizzi (XGLab-Bruker), è stata coordinata dal Prof. Antonio Sgamellotti, socio dei Lincei e Professore emerito di Chimica Inorganica dell’Università degli Studi di Perugia.
L’esperienza della Farnesina sarà dunque messa a confronto con un’altra, solo apparentemente lontana, ovvero lo studio effettuato su strumenti musicali antichi come i violini del maestro liutaio Antonio Stradivari. Ciò sta a dimostrare come la diagnostica può essere un importante ausilio sia per gli aspetti conoscitivi che conservativi o ai fini del restauro anche di un manufatto così diverso.
L’incontro sarà l’occasione per evidenziare l’importanza della diagnostica applicata alle opere d’arte di ogni tipologia materica come legno, pietra, metalli. Analizzando il loro degrado essa può infatti fornire indicazioni sulla composizione dei materiali utilizzati, sulla tecnica di esecuzione dell’opera, su precedenti interventi di restauro, su possibili mutamenti legati alla destinazione d’uso. Può confermare informazioni fornite da fonti diverse – archeologiche, epigrafiche, archivistiche, storiche o scientifiche – non solo legate allo stato di conservazione, ma anche relative alla loro storia, alle trasformazioni subite nel tempo, alla datazione e all’autore. Uno strumento dunque indispensabile per chi opera nell’arte per approfondire la conoscenza di un qualsiasi manufatto.