Anche tu sei stato straniero
di Pierluigi Castellani
“ Tu agirai così perché anche tu sei stato straniero” questo ammonimento che si legge nella Bibbia è rivolto al popolo di Israele, ma in verità è rivolto a ciascuno di noi. Intorno a queste parole è necessario meditare oggi che si celebra la Giornata nazionale per la memoria delle vittime dell’immigrazione, giornata istituita dopo la tragedia vissuta dai profughi che cercavano rifugio in Europa approdando in pochi superstiti a Lampedusa. E’ indubbiamente un’occasione per riflettere sul problema dell’immigrazione, oramai un problema globale, anche se investe soprattutto l’Europa, che si affaccia sul mediterraneo. L’Italia e la Grecia ora sono le due nazioni che si trovano a fronteggiare questo fenomeno dopo che è stata chiusa la rotta dei Balcani con l’accordo con la Turchia, che non fa più transitare profughi sul suo territorio per raggiungere i paesi dell’Europa centrale. Il problema dell’accoglienza e dell’integrazione come si sa non ha trovato un’Europa unita. L’ipotesi di una ricollocazione equa dei profughi tra tutti gli stati europei è rimasta sulla carta soprattutto per l’opposizione dei paesi dell’Europa dell’est, tra cui in primo luogo l’Ungheria che proprio ieri ha celebrato un suo referendum sulla questione. Quando si tratta di socializzare la solidarietà c’è chi si arrocca nei confini nazionali rivendicando la propria sovranità, che è palesemente il modo peggiore di stare in quell’Europa alla quale tuttavia quegli stessi paesi hanno liberamente chiesto di aderire. Ma l’adesione sembrava giusta e necessaria per usufruire dei fondi strutturali europei,che hanno permesso a quegli stessi paesi di affrancarsi dai disagi economici e sociali in cui erano stati risucchiati dopo il crollo del muro di Berlino. Ora ,che si tratta di riconsegnare all’Europa un po’ di quella solidarietà, l’Ungheria, la Polonia, la Repubblica Ceca, la Slovacchia riscoprono il fascino mai sopito del nazionalismo. Ed allora il monito biblico del “anche tu sei stato straniero” assume una valenza profetica, che dovrebbe far riscoprire la necessità di una politica lungimirante e non schiacciata solo sul presente. Ma anche in casa nostra, in Italia, quel monito dovrebbe sollecitare più di una coscienza dimentica che il riconoscersi stranieri è una condizione che connota la qualità umana, prima che ispirazione necessaria per una politica, che voglia essere aperta al mondo e vivere la globalizzazione non in perenne difesa ma anche come opportunità. Del resto quale enorme contraddizione! Non erano forse i Salvini, i Gasparri, la Meloni, quelli che hanno chiesto a gran voce il riconoscimento delle comuni radici cristiane dell’Europa ? Sorge, a questo proposito, una legittima domanda : quale vangelo hanno letto questi personaggi? Perchè quello che si legge e si ossequia tutti i giorni nelle chiese cristiane di tutto il mondo non è proprio quello che sembra ispirare alcune loro posizioni di rigidità e di esclusione. Ma quel monito biblico sopra richiamato non interpella solo i politici,i capi di stato e di governo, ma interpella tutti noi. Quanti di noi riescono ad accettare il diverso, quanti di noi sanno aprirsi con disponibilità nei confronti del fenomeno dell’immigrazione? Un fenomeno che va certamente governato con intelligenza e prudenza e che va coniugato con l’esigenza di sicurezza, che i cittadini esprimono. Ma che è un fenomeno non più solo legato all’emergenza, ma ad una migrazione, oserei dire biblica, che investe popoli, che sfuggono dalla guerra e dalla miseria. E’ la fame che va verso il pane e non viceversa, come ha giustamente ricordato Enzo Bianchi. E di fronte a questo fenomeno non si può restare indifferenti. Lo reclama la difesa della dignità umana e soprattutto lo reclama la memoria delle tante vittime, che giacciono nel fondo del mare mediterraneo, diventato un enorme cimitero come ha ricordato papa Francesco.