Ancora sul rapporto tra politica e magistratura
di Pierluigi Castellani
Si è nuovamente e prepotentemente affacciato nel confronto politico il rapporto tra politica e magistratura. Ora è l’inchiesta sulla CONSIP che polarizza tutta l’attenzione e non manca proprio nulla. C’è la mozione di sfiducia presentata dai 5Stelle nei confronti del Ministro Lotti e il continuo gossip sul coinvolgimento del padre di Matteo Renzi, che ha assunto un clamore mediatico senza pari e che rischia di invadere, con elementi spuri, il terreno già infuocato del congresso del PD. E tutto questo senza l’elementare rispetto dei principi costituzionali sulla presunzione di innocenza nei confronti non solo degli indagati, come in questo caso, ma anche dei condannati senza sentenza definitiva. Sembra di essere tornati ai primi anni 90 quando bastava un semplice avviso di garanzia per far cadere ministri e governi alimentando una furia iconoclasta contro i politici e la politica in genere non certa foriera di buone notizie per la democrazia. C’è anche una mancata attenzione nei confronti del merito delle indagini e dello spessore dei reati ipotizzati. Nel caso del ministro Lotti si tratta di rivelazione di segreto d’ufficio perché avrebbe messo in guardia il suo presunto interlocutore da una eventuale indagine a suo carico. E si badi bene Lotti è ministro dello Sport non certo della Giustizia o degli Interni e quindi si tratterebbe in questo caso di questioni che non attengono al suo “ufficio” e per quanto riguarda Tiziano Renzi si tratta di un’indagine per presunto traffico di influenze, fattispecie questa introdotta con la legge Severino , e comunque di un reato dai confini non meglio precisati.
Ma naturalmente la questione è più complessa e riguarda l’imbarbarimento della lotta politica, che registra cambiamenti di posizione :ora si è garantisti ora giustizialisti a seconda se si tratta dei propri amici o degli avversari politici ( il riferimento al M5Stelle non è puramente casuale) e soprattutto concerne il rapporto tra politica e magistratura, perché la magistratura sembra prendere il sopravvento quando la politica è debole od è pervasa da furia iconoclasta come a volte capita in questi giorni. C’è un’osservazione del sen. Luigi Manconi (PD), che dovrebbe far riflettere. “Veniamo – osserva Manconi -da un ventennio in cui l’azione dei giudici ha surrogato quella della politica, sempre più gregaria e impotente. Ora, siamo ormai a una forma di soggezione psicologica nei confronti della magistratura che tende a farsi patologia”. Affermazioni queste molto forti che si possono condividere o non condividere, ma che non vanno lette come un attacco alla magistratura bensì come una denuncia dell’uso distorto che viene fatto del lavoro della magistratura da parte di un dirigenza politica non all’altezza del compito assegnatole. Si preferisce ampliare e distorcere il significato di un semplice avviso di garanzia, e in questo aiutati dal clamore mediatico imbastito da tv e giornali, anziché combattere gli avversari politici con la forza delle idee e delle proposte programmatiche. Del resto c’è anche da dire che chi usa strumentalmente le indagini della magistratura può poi incappare lui stesso in un’indagine, e ciò non vale solo per i 5Stelle , ma per altri versi è significativo quanto sta accadendo in questi giorni all’ex pm Ingroia. Insomma finché non si torna al dettato costituzionale sulla presunzione di innocenza c’è sempre il rischio di un indebito inquinamento della lotta politica con gravi conseguenze per tutti e soprattutto per la limpidezza di una visione della democrazia. Continuare a dare picconate alla politica senza preoccuparsi degli effetti che queste picconate possono avere può esporre al serio rischio che poi tutto l’edificio democratico crolli. Purtroppo la storia in questo caso ha molto da insegnare.