DIS…CORSIVO. QUI COMINCIA L’AVVENTURA…

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Ci risiamo. Per il 2015 saranno le cinque città finaliste che hanno ceduto allo strapotere di Matera. Per il 2016 e il 2017 c’è un bando del Mibact che selezionerà due città e le proclamerà “Capitale italiana della cultura”.

In palio, un milioncino tondo tondo, che ricorda tanto da vicino quel Signor Bonaventura, nato dall’acume di Sergio Tofano, giusto cento anni fa, nel 1917. Il simpatico personaggio, alla fine di storielle tristi e tormentate (“Qui comincia l’avventura…”), trovava sempre il modo di guadagnarsi un grosso assegno perché la fortuna o il suo spirito d’intraprendenza lo rendevano l’eroe di qualcosa. Una storiella a caso: il salvataggio di una “grassa dama” che sta per annegare su una barchetta, sciagura che Bonaventura, dopo essersi sbracciato sul ponte per chiedere aiuto, scongiura quando viene lanciato in acqua, per essere annegato, dal suo nemico antagonista, Barbariccia.

Il milione di cento anni fa, che era diventato un miliardo negli anni del secondo dopoguerra, potrebbe ritornare a identificarsi con un milione di euro e, considerando quanto costa produrre cultura oggi, non dovrebbe avere lo stesso valore astronomico che aveva per i nostri nonni.

Anche per questa cifra, tuttavia, lo scontro fra le città candidate (a un primo esame, probabilmente incompleto, si sono fatte avanti Aquileia, Caltanissetta, Viterbo e la nostra Spoleto) sarà all’ultimo sangue.

Mentre si aspettano i finanziamenti per le cinque co-capitali di quest’anno, fra le quali Perugia, Spoleto sta affilando le armi per competere degnamente con Aquileia – la cui candidatura è stata avanzata niente meno dalla Provincia di Udine – con Caltanissetta e con Viterbo, le quali stanno iniziando un percorso senza avere, per ora, alle spalle le istituzioni di supporto territoriale delle loro regioni.

Spoleto è, indubbiamente, più vicina, come strategia di partenza, a queste ultime. Il curioso particolare, invece, che per Aquileia si sia mossa la Provincia di Udine rimette in circolazione un paradossale dettaglio di sviluppo di progetti culturali: a che titolo un ente come la Provincia – che in Umbria scandalizza ancora i benpensanti cervelli notarili della riforma, i funzionari, cioè, e l’apparato burocratico, se dal Palazzo di Piazza Italia, oltre agli inevitabili tagli, dovesse uscire qualcosa che vagamente si intitola alla cultura – si fa garante di un’operazione di promozione così vasta da poter ancora chiamare a raccolta – com’ è successo a Udine – la Regione, la Fondazione Aquileia, il Comune e la Soprintendenza?

Anche, infatti, se fa parte di una Regione a statuto speciale, la Provincia di Udine, insieme alle consorelle di Gorizia, Pordenone e Trieste, si trova o si troverà a dover affrontare, prima o poi, gli stessi problemi che hanno tutte le altre Province d’Italia, compresa quella di Perugia, e non solo per via della cultura.

Ma intanto osa, candida una sua città a Capitale italiana della cultura, non si pone anzitempo in un angolo, rilancia. Assomiglia, in definitiva, a quel Signor Bonaventura che, se fino a un minuto prima stava per soccombere, subito dopo si vede premiato con un assegno di qualche valore.

Spoleto non ha in Umbria un signor Bonaventura né è di suo, in Umbria, a dire la verità, un Signor Bonaventura. Assomiglia, piuttosto, al fedele bassotto giallo che affianca il protagonista di Sergio Tofano in quasi tutte le storielle.

Eppure la città ha un blasone da fare invidia a due mondi, ha quel carattere nobiliare che, però, nessuna amministrazione comunale, delle ultime e dell’attuale, ha dimostrato di saper interpretare. E trova sempre, sulla sua strada, Perugia: potrà l’Umbria avere, per più anni di seguito a partire dal 2015, più città Capitali della cultura nazionale?

Per adesso, Spoleto corre da sola e, visti il periodo elettorale incombente e i tempi ristretti di presentazione della candidatura, non è pensabile che possa godere di un grosso dibattito in Regione. Se almeno, per adesso, volesse farci capire, nella sua orgogliosa, ducale autonomia, come pensa di conciliare in un solo grande programma culturale il suo Festival e le allegre sgambate di Don Matteo…

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