I pericoli del populismo sovranista
di Pierluigi Castellani
Il duro confronto, che si sta sviluppando tra le due componenti della maggioranza, sta purtroppo mettendo ai margini quella che è la vera posta in gioco delle elezioni del prossimo 26 maggio. Queste elezioni servono ad eleggere il nuovo parlamento europeo e quindi per fare esprimere tutti i cittadini europei su quale dovrebbe essere il futuro dell’Europa. Ma di queste cose si parla poco in Italia, perché la zuffa continua tra Salvini e Di Maio sta monopolizzando tutto lo spazio mediatico di questi giorni. Ma si tratta di una vera zuffa? Sì perché c’è anche questa domanda, che aleggia sullo scenario politico italiano. Sembra che i due contendenti, rimanendo ben saldi al governo nei rispettivi ruoli, vogliano marcare le proprie differenze per non perdere voti nel rispettivo elettorato, che forse ha mal digerito questa alleanza giallo-verde non prevista prima del 4 marzo dello scorso anno. E così invece di governare e cercare i risolvere i veri problemi del paese la Lega ed i 5Stelle non trovano di meglio che rinfacciarsi l’un l’altro le cose, che non vanno o che non hanno saputo adeguatamente affrontare. E’ di questi giorni l’accusa lanciata da Di Maio a Salvini di far aumentare lo spread per le sue incaute parole sul possibile sforamento del 3% del deficit, regola come si sa imposta dall’Europa ai paesi che hanno un alto debito pubblico come l’Italia.
Ma prima c’era stata l’accusa di Salvini a Di Maio di non aver affrontato e risolto, come ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, le tante crisi aziendali diffuse nel territorio nazionale. Questa politica tutta incentrata su problemi interni al paese senza uno sguardo più lungo oltre i confini nazionali dimostra tutta la sua fragilità di una visione di corto respiro. La verità è che se l’orizzonte rimane chiuso nei confini nazionali molti di questi problemi non vengono risolti e restano tali. Non c’è solo il rischio ,che alzando muri e confini l’Europa torni allo stato in cui si trovava all’indomani della seconda guerra mondiale con quello, che ne potrebbe conseguire in termini di sicurezza e di pace, ma anche il rischio che senza l’Europa si torni pericolosamente indietro rispetto al welfare ed ai diritti che i lavoratori europei hanno conquistato. Infatti se lo spazio europeo viene meno la concorrenza tra i singoli stati europei si accresce e la vincerà chi potrà assicurare il costo del lavoro più basso non già chi avrà conquistato migliore produttività e migliore qualità del prodotto. In questo modo ” significa- ha scritto Lucrezia Reichlin sul Corriere della Sera del 10 maggio scorso – limitare la dimensione sociale della mobilità del lavoro e accettare la differenza tra standard dei vari Paesi come il minimo di ferie pagate, i congedi parentali, il trattamento del lavoro part-time e mille altre cose con la possibile conseguenza che si inneschi una competizione verso il basso ed un’effettiva limitazione della mobilità del lavoro all’interno dell’Unione”. E tutto questo dai lavoratori italiani e dall’intero nostro paese, che non dimentichiamolo mai è un paese che si regge molto sull’export, non potrà essere mai accettato.