Il terrorismo quotidiano

di Pierluigi Castellani

La strage di Orlando negli Stati Uniti e l’uccisione di due poliziotti, marito e moglie, in Francia hanno riproposto in tutta la sua drammaticità il problema del terrorismo a tutto l’Occidente. Il terrorismo alimentato dal cosiddetto Stato Islamico è diventato un fatto che ci sta pericolosamente abituando alla sua quotidianità, tanto che il premier francese Vals non si è certo nascosto quando ha voluto mettere in guardia che purtroppo ci possiamo aspettare altre vittime innocenti. Questo scenario ha assunto ancora tinte più forti perché la violenza e il disordine, anche se di altra natura, stanno dilagando in Francia per le manifestazioni di protesta per la riforma del lavoro e per la guerriglia scatenata dalle diverse tifoserie in occasione dei campionati europei di calcio. Insomma il mondo sembra dover ormai convivere con la minaccia terroristica e con il riemergere di spinte nazionalistiche contrapposte, per l’occasione alimentate dalle tifoserie calcistiche, ma che sono la spia di un malessere generale che finisce per rinchiudere i popoli nelle proprie identità e nei propri confini. Senza dimenticare che il referendum del 23 giugno in Gran Bretagna per l’uscita dalla UE è anch’esso un’occasione per rimarcare questo insorgere di nazionalismi, che finiscono per innalzare barriere anche psicologiche nelle nuove generazioni, che invece sembravano oramai definitivamente proiettate su un orizzonte più ampio, appunto quello europeo. Tutto questo non fa che diffondere paura nei cittadini, infiammare la campagna elettorale in America e rendere incerto il futuro dell’Europa, che ancora stenta a prendere atto nel suo complesso che il terrorismo di matrice islamica non riguarda soltanto la Francia ed il Belgio ma tutti i paesi europei e tutto il cosiddetto occidente. La risposta quindi a questo terrorismo non può che essere globale, deve far sorgere una solidarietà più intensa tra i popoli e deve cercare di spegnere i focolai di guerra nel medio oriente e deve ripensare i modelli di integrazione perché le periferie delle grandi città non vengano abbandonate al loro destino di isolamento e di squallore. In una parola non ci si può far vincere dalla paura, ma insieme ad una decisa risposta di prevenzione ,che metta in sinergia tutti i servizi dei paesi interessati, e di opportuna ed efficace repressione, va coltivato uno scenario che alimenti l’integrazione e la reciproca comprensione culturale. Altro modo non c’è per sbarrare la strada ai facili populismi, che ,erigendo nuove barriere ed esasperando le rispettive contrapposte identità, non produrrebbero altro che nuovo disordine esasperando ancor più le paure. Certamente c’è da interrogarsi sul perché tanto odio possa coltivarsi in personaggi di seconda e terza generazione, come è avvenuto in America ed in Francia, un odio che improvvisamente esplode in questi cosiddetti “lupi solitari”, che senza ricollegarsi in modo diretto ai loro paesi di origine però improvvisamente emergono come aderenti del cosiddetto califfato diffondendo stragi e violenza in suo nome. Rassegnarsi ? Assolutamente no. La lotta al terrorismo deve proseguire nella consapevolezza che il pericolo può essere tra di noi. Ma insieme a questa consapevolezza si deve sconfiggere la paura e gli stati ,unitamente alle organizzazioni internazionali, debbono fare di questa lotta un’assoluta priorità e possibilmente al di fuori di strumentalizzazioni politiche perché ad infiammare gli animi si può far presto, ma poi a spegnerli diventa poi sempre più difficile. In questa lotta debbono recitare la loro parte anche i musulmani cosiddetti moderati, debbono isolare e denunciare chi predica l’odio ed il terrore e debbono fare un’opera diffusa di educazione dei giovani. Sta anche a loro dimostrare che le religioni, tutte le religioni, possono vivere solo nella pace e nella tolleranza e che la fede nel Dio unico deve solo affratellare e non dividere. La fede deve nutrire solo pensieri di pace e di amicizia per tutti i popoli della terra.

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