Io non ci sto
di Pierluigi Castellani
“Io non ci sto”, così dichiarò con forza l’allora Presidente della Repubblica Scalfaro quando si tentò di trascinarlo nella gogna mediatica, che travolse una generazione politica. Si tentò infatti di coinvolgerlo nell’indagine sull’uso dei fondi riservati a disposizione del Ministro dell’Interno, e Scalfaro aveva ricoperto quel ruolo nel passato, anche se nessuno aveva fatto emergere specifiche contestazioni nei suoi riguardi. Ma era tanto il furore che emergeva in quegli anni ( si era nel novembre del 1993) nei confronti della classe politica, che si temeva una delegittimazione complessiva delle istituzioni pubbliche, compresa la Presidenza della Repubblica. “ A questo gioco al massacro io non ci sto – disse con enfasi Scalfaro nel suo messaggio televisivo -.Io sento il dovere di non starci e di dare l’allarme”. Queste parole non possono non riaffiorare alla mente di chi non è immemore del passato, quando si assiste allo stillicidio della pubblicazione, tutti i giorni, di parti delle intercettazioni, che sono nel fascicolo dell’indagine sui concorsi della sanità, che non hanno alcuna rilevanza penale, ma che tentano di arricchire il contesto con banali considerazioni relative all’appartenenza politica dei singoli indagati, quasi a far credere, che l’impegno politico o la ricerca di voti per un partito sia divenuto un atto di per sé criminale. Questo non significa voler minimizzare l’impegno dei magistrati o l’entità degli eventuali reati, tutti ancora da dimostrare, ma soltanto mettere in guardia dalla bulimia mediatica, che tutt’ora sta coinvolgendo questa indagine, e che sembra mettere sotto accusa non solo un partito, ma un intero sistema politico, che ha governato in questi anni la regione e che non merita di essere interamente criminalizzato come qualcuno sembra voler fare.
In questo modo si dimentica che l’Umbria ha avuto un governo che ha cercato, pur nelle note difficoltà dovute alla crisi che ha investito non solo l’Italia ma l’intero pianeta, di assicurare ai cittadini dei servizi sociali e sanitari, come non molte regioni possono vantare. Che se oggi è riconosciuto, anche dai più disattenti, che la nostra regione ha saputo darsi una ben precisa identità turistica e culturale ed ha saputo offrire agli umbri l’occasione di riconoscersi in una comune cittadinanza marginalizzando, per quanto possibile, spinte contrapposto e disgregatrici, questo lo si deve anche a chi ha espresso in questi anni la massima espressione del governo regionale. Così non può essere dimenticata neppure la capacità della regione di affrontare le emergenze, in sinergia con il governo nazionale, come quella del terremoto del 1997, soprattutto se la si confronta con lo stallo e il disinteresse (apparente?) dell’attuale governo nazionale, che si sta registrando con il terremoto che ha colpito la regione nel 2016. Tutto questo naturalmente non deve far dimenticare che l’indagine sulla sanità umbra è ancora in corso e che se ci saranno dei colpevoli questi verranno condannati, ma appunto per questo l’affrettare delle conclusioni è del tutto fuor di luogo e soprattutto non si può consentire, che vengano messi sotto accusa sbrigativamente un partito , una classe dirigente, una storia, che non è assolutamente di malaffare. Per questo non si può rimanere silenti nei confronti di chi approfitta di tutto questo a meri fini elettorali. Valga ricordare le parole del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone quando afferma che “il nostro,poi, è da sempre un Paese profondamente diviso, in cui si continua a negare legittimazione all’avversario politico e non si rinunzia a usare contro di lui il risultato delle indagini, a prescindere dal loro esito finale” (Corriere della Sera del 6 maggio u.s). Ed allora come non ricordare le parole di Scalfaro pronunciate nel lontano novembre 1993 e ripetere con forza quel suo “io non ci sto”.