La responsabilità del Pd
di Pierluigi Castellani
E’ singolare constatare come tanti commentatori politici, editorialisti e politologici, che nella fase precedente il 4 marzo hanno trattato il PD con sufficienza e con spirito puntigliosamente critico e che poi il 4 marzo, con molta probabilità, non lo hanno votato, ora si affannino ad invitarlo alla responsabilità e nella gran parte dei casi a sostenere un governo dei 5Stelle. Con motivazioni le più disparate fino a dire, come ha fatto Gianfranco Pasquino, che altrimenti quello del PD sarebbe un “atto eversivo”. Mai il PD ha subito tante blandizie ora che si trova ad essere il secondo partito del paese ,dietro al M5Stelle, e chiaramente in minoranza rispetto alla colazione di centro destra al traino di Salvini. Improvvisamente viene riscoperta la ineluttabile centralità del PD in un sistema ove invece sembra dominare il dualismo tra centrodestra e M5Stelle. Questi inviti si avvalgono di una presunta necessità manifestata dal Capo dello Stato quando ha doverosamente richiamato tutte le forze politiche alla responsabilità ed a mettere in primo luogo gli interessi del paese.
Ecco perché è bene interrogarsi ora su quale debba essere la vera responsabilità del PD nel frangente politico in cui ci troviamo . L’Italia infatti é in una situazione nella quale sembrano essersi perse le certezze di un tempo. Queste certezze erano in primo luogo l’aggancio con l’ Europa, la continuità nella politica internazionale caratterizzata dall’alleanza atlantica, il dialogo con tutti i paesi in direzione di un’apertura delle frontiere per favorire le nostre esportazioni e un ruolo, non certo secondario, nel nord e nel centro dell’Africa, ove le nostre esigenze di controllo dell’immigrazione sono state sempre accompagnate da una politica di cooperazione e di aiuto ai paesi in via di sviluppo. Ora queste certezze sembra che non ci siano più. Da un lato per l’improvvisazione dimostrata in politica estera da Donald Trump e dall’altra per il crescente ruolo della Cina e della Russia di Putin, che ambiscono ad assumere un ruolo più marcato nel contesto internazionale ed anche a sostituire l’America come paese guida dei processi internazionali. Di fronte a questo scenario che farà un’Italia a guida Salvini o Di Maio ? Entrambi si sono accreditati nel passato come più dialoganti nei confronti di Putin fino a chiedere la revoca delle sanzioni imposte alla Russia dopo l’annessione della Crimea e, nonostante le ultime giravolte di un Di Maio sempre più nelle regolamentari grisaglia e cravatta, tutti e due euroscettici se non apertamente avversi all’euro e all’Europa. Inoltre sia Salvini che Di Maio hanno abbondato in campagna elettorale con promesse irrealizzabili dando certamente esempio di una politica demagogica e del tutto svincolata da un doverosa aggancio alla realtà di un paese ancora con una ripresa al di sotto della media europea e con un alto debito pubblico, che impedisce ogni fantasiosa fuga in avanti. Ebbene di fronte a questo scenario che dovrebbe fare il PD se non attrezzarsi per intraprendere una strada, certamente lunga, che riconduca a serietà la politica italiana nel solco della nostra tradizionale politica delle alleanze nel contesto europeo ed internazionale. Insomma la vera responsabilità del PD risiede nel preservare comunque un serio progetto riformista per il nostro paese, che non abbandoni quanto fino ad ora è stato fatto ,salvaguardando anche la memoria di una seria politica attenta ai reali bisogni dei cittadini.
Per questo il PD deve riflettere attentamente sugli errori compiuti e sul come dar vita ad una ripresa del progetto europeo e come rispondere ai sovranisti, che vogliono alzare barriere rischiando di essere poi travolti dalla globalizzazione anziché cercare di governarla e guidarla evitando i pericoli di una finanziarizzazione dell’economia, che aumenta solo le disparità e le diseguaglianze come è oramai accertato. Questa sfida non può essere lasciata alle parole d’ordine di Salvini ,che prevede ricette semplicistiche per risolvere problemi di un’acclarata complessità o alle incoerenze del perbenismo qualunquista di Di Maio oramai abituato a non prendere di petto alcun problema ma sempre di aggirarlo e sollecitando con promesse rituali e scontate la benevolenza di alcuni settori produttivi da tempo pronti a dimostrarsi disponibili nei confronti di chi rappresenta momentaneamente il potere. E’ una sfida che il PD deve accettare stando per forze di cose all’opposizione, laddove l’elettorato lo ha collocato. Senza un doveroso rifiuto nei confronti di alcuna commistione con Salvini e Di Maio questa sfida il PD non la può vincere perché altrimenti sarebbe risucchiato in un ruolo di marginalità e non potrebbe preparare, quando si sarà consumato l’esito delle elezioni del 4 marzo, quella piattaforma riformista di cui il paese ha un assoluto bisogno.