Le parole tradite e la nuova legge elettorale
di Pierluigi Castellani
Mai come nella discussione suscitata dal dibattito sulla nuova legge elettorale, ora all’esame del Parlamento, si è assistito ad un tradimento del significato originario delle parole e soprattutto di quelle che sono le abituali parole della politica. Il fatto è ben noto. Dopo una iniziale proposta del PD che riproponeva una legge di tipo maggioritario come il cosiddetto Mattarellum, che però avrebbe raccolto in Parlamento solo l’appoggio non sufficiente della Lega, il PD ha cercato un’intesa con le altre maggiori forze politiche e di conseguenza si è materializzata l’attuale proposta sul modello tedesco di impianto essenzialmente proporzionale con lo sbarramento al 5%. Questa proposta – si badi bene – risponde ad alcuni dei requisiti posti dal Capo dello Stato: quello di essere largamente condivisa e di rendere omogenee le modalità di elezione di Camera e Senato. Ma nel tentativo di trovare un accordo con il M5Stelle, FI e Lega – i primi due partiti decisamente proporzionalisti – il PD ha dovuto cedere sull’originario impianto maggioritario. A questo punto : apriti cielo! Si sono ridestati tutti coloro che avevano avversato e contribuito ad affondare la legge elettorale italicum ,decisamente maggioritaria ancorchè in parte dichiarata incostituzionale, e la riforma costituzionale, che insieme alla legge elettorale , voluta dal PD, dava certamente un impianto maggioritario al nostro sistema politico assicurando governabilità e certezza e chiarezza nelle scelte delle forze politiche.
Ma appunto il popolo italiano il 4 dicembre scorso facendo vincere il no, unitamente alla pronuncia della Corte Costituzionale sull’italicum, ha decretato che si tornasse al vecchio sistema basato sulle alleanze in parlamento anziché decise prima nel confronto della campagna elettorale. E si badi bene ,ora chi ha avversato l’Italicum e la riforma costituzionale improvvisamente si riscopre convinto maggioritario adducendo il pretesto che la legge elettorale disegnata ed approvata nella commissione della Camera dei Deputati sarebbe preordinata soltanto ad un’alleanza , tutta da dimostrare, tra Renzi e Berlusconi, gridando all’inciucio e dimenticando, guarda caso, che della partita è anche il Movimento 5 stelle e sorvolando sui precedenti di questa alleanza, quando PD e FI hanno sostenuto il primo governo Letta con Epifani, segretario del PD, e Stefano Fassina, viceministro dell’economia. Ora i fuoriusciti dal PD e coloro che la notte del 4 dicembre brindavano alla vittoria del no, sono tra coloro che gridano all’inciucio ed alimentano la schiera degli oppositori della nuova legge elettorale. C’è poi da ricordare che la legge elettorale proposta non conduce necessariamente alle cosiddette larghe intese, perché tutto dipende da come sarà la composizione del parlamento dopo le elezioni. E’ evidente che si cercheranno in ogni modo alleanze omogenee perché non è interesse di nessuno partito annacquare il proprio programma con intese innaturali quando in campagna elettorale ciascuno vorrà far prevalere le proprie ragioni. C’è poi la questione che l’intesa tra 5stelle, PD, FI e Lega sottenderebbe un accordo per elezioni anticipate in autunno mettendo a rischio la stabilità dei conti pubblici del paese.
Questa critica, che viene anche da fonti molto autorevoli, spiace ricordarlo non tiene conto che in Italia lo scioglimento anticipato del Parlamento è prerogativa del Capo dello Stato e che è ben strano che venga fatta propria anche da chi giudica la legislatura in atto deludente ed inconcludente, come alcune forze della sinistra radicale. Votare è un atto di democrazia e verrà deciso dal Presidente della Repubblica quando la stabilità del paese sarà comunque assicurata. Ecco perché c’è un continuo tradimento delle parole della politica ,che ora intendono una cosa ed ora si pretende invece che significhino l’esatto contrario. Così sta avvenendo con parole come governabilità e rappresentanza. Ci si è prima scagliati contro l’Italicum e la riforma della Costituzione perché a detta di qualcuno non assicurava la rappresentanza, oggi ci si oppone alla nuova legge elettorale perché, salvaguardando la rappresentanza, non assicurerebbe la governabilità. E per i critici all’interno del centrosinistra ora si vuole riscoprire la parola Ulivo, dando ad essa un significato salvifico per il centrosinistra, quando quella parola che è stata tradotta in concreto nel PD, ora si vuole che torni a significare un’alleanza tra tanti rivoli frammentati della sinistra, dimenticando che fu proprio questo a decretare la caduta del governo Prodi nel 2008. Forse ha ragione Claudio Petruccioli quando rileva che questa opposizione alla nuova legge elettorale deriva soltanto da un radicale e pregiudiziale antirenzismo, tanto da far dire allo stesso Petruccioli che chi non vuole più Renzi doveva sperare che si mantenesse in piedi l’Italicum , che con il previsto ballottaggio avrebbe potuto far perdere il PD di Renzi, come avvenuto a Torino ed a Roma. Solo allora avrebbero potuto liberarsi di Renzi, ma è evidente che oramai quell’occasione è stata perduta.