L’Umbria scivola al sud
di Pierluigi Castellani
L’Umbria sta scivolando verso il Sud Italia, è quanto emerge dal rapporto Svimez reso pubblico in questi giorni. Dal 2006 al 2017 il prodotto interno lordo per abitante è poco sopra quello della Basilicata. Per il 2019 il pil è previsto tra lo -0,2 del Sud e il +0,3 del Centro Nord, mentre le famiglie beneficiarie del reddito di cittadinanza sono 10.275 per un totale di 23.007 persone coinvolte. Insomma la povertà non è sconfitta anche se c’è stato chi dal balcone di Palazzo Chigi ne aveva decretato la fine. In Umbria la povertà riguarda in gran parte giovani che non riescono ad inserirsi nel mercato del lavoro. Insomma c’è molto da fare e ben inteso il problema non riguarda solo le istituzioni, ma coinvolge tutta la società civile a cominciare dalle imprese, dai sindacati, dal sistema bancario umbro ,che ha perduto nel disinteresse generale i centri direzionali delle banche umbre, che riuscivano meglio a rapportarsi con il territorio. Naturalmente occorre innanzi tutto velocizzare l’utilizzo dei fondi strutturali europei, ma anche avere una visione dell’Umbria non relegata dentro i propri ristretti confini, ma ben agganciata alle dinamiche che si sviluppano nell’area più vasta dell’Italia centrale e del Nord. Solo così si può rompere l’isolamento in cui è costretta la nostra regione in termini di infrastrutture sia fisiche che immateriali e solo così si può dare il necessario respiro alle eccellenze di cui l’Umbria può vantarsi. Occorre un risveglio complessivo di tutte le forze sociali attive nella regione.
Lo sviluppo si crea certamente con il sostegno delle istituzioni ma soprattutto con la capacità di fare impresa, di mettersi in gioco, che tutti gli attori sociali debbono avere. La povertà infatti si sconfigge con il lavoro, è solo con più lavoro che potremo rivedere l’Umbria risalire nella graduatoria delle regioni, che i vari istituti di ricerca stilano. C’è poi un dato nel rapporto Svimez che dovrebbe far riflettere: il reddito di cittadinanza non ha creato lavoro, ma si è rivelato una pura misura assistenziale incapace di raggiungere tutte quelle sacche di povertà, che solo i comuni e i vari enti assistenziali e le associazioni di volontariato con il loro quotidiano ascolto conoscono. Senza una sinergia tra le reti che quotidianamente hanno contatto con la povertà ci saranno sempre poveri inascoltati e dimenticati. Questa è la sfida che attende l’Umbria per i prossimi anni e ci auguriamo che chi ora è chiamato a governare la regione dimentichi gli slogan della campagna elettorale e la continua contrapposizione con il livello nazionale di governo. Tutti gli umbri debbono essere consapevoli della responsabilità che li attende. Se non si inizia soprattutto dal basso sarà difficile disegnare un migliore futuro per la nostra regione.