HA PARLATO IN ITALIANO RIVOLGENDOSI ALL’EUROPA. UNA CRITICA FORTE E LA SPERANZA NEL FUTURO.

di Mario Rojch/Desidero commentare brevemente alcuni aspetti del viaggio di Papa Francesco a Strasburgo, ove è andato per parlare al Consiglio d’Europa e al Parlamento europeo, con due distinti e originali discorsi che tuttavia riflettono un preciso e non diversificato pensiero.
Da italiano, voglio innanzitutto ringraziare Francesco per aver utilizzato la nostra lingua in entrambi i discorsi. Com’è noto, i trattati istitutivi e le regole iniziali avevano attribuito alla nostra lingua parità assoluta con francese, tedesco e inglese, tutte lingue ufficiali. Da alcuni anni, nella prassi, la nostra è diventata una lingua minore, tant’è che i nostri Presidenti, Ministri, Alti esponenti di istituzioni importanti, quando vanno in Europa tentano di esprimersi in lingue straniere (dico: tentano), contribuendo così al declassamento della lingua del “dolce Si”.

Spero che il Presidente fiorentino, in omaggio al suo conterraneo Dante, cambi il verso, ma dispero che ciò avvenga perché la spinta non contrastata dei suoi collaboratori è d’impiegare l’inglese anche nel Parlamento italiano.
Quindi, venendo dalle periferie del mondo cattolico, un Papa non italiano che conosce alla perfezione molte lingue, ci ha fatto un omaggio molto gradito.
I discorsi fatti a Strasburgo, al di là del tono delicato, costituiscono la più grande accusa che potrebbe essere fatta all’intera società europea, quindi anche ai Parlamenti che la rappresentano, alla Commissione che amministra l’Unione europea, ai Governi ed ai Parlamenti nazionali. Badate bene: sono accuse che non hanno niente a che fare con quelle dei movimenti di destra, euroscettici, nazionalisti e beceri, perché Francesco non propone la dissoluzione né dell’ideale europeo, né delle istituzioni europee, ma un rilancio degli ideali dei Padri fondatori, basato su una rivisitazione delle soluzioni adottate e sulla elaborazione di nuove idee.
Ma partiamo dall’accusa.
Pensate a un Uomo che viene dalle periferie del Mondo, che aveva vissuto gli anni della sua formazione umana e religiosa, avendo un modello ideale di riferimento, l’Europa del dopo-guerra, quella della ricostruzione, con i suoi punti caratterizzanti. Francesco li elenca: il mutuo servizio tra gli Stati e tra le persone, la libertà, la democrazia, la tensione verso la pace, l’accoglienza verso i migranti, la realizzazione di un sistema di sicurezza sociale (welfare).
Questo Uomo arriva a Roma nel nostro tempo, si guarda intorno e così commenta: anche in Europa si sta generando la cultura “dello scarto” delle persone diverse e più deboli, in seguito dell’affermarsi di una concezione individualista che subentra a quella della solidarietà. I tempi sono cambiati-osserva il Papa- c’è la globalizzazione che pone problemi nuovi. Ma può pensare l’Europa di mantenere il suo ruolo nel mondo chiudendosi a riccio e rinunciando a priori a costruire una nuova identità europea?
Riporto alcune parole molto forti: “In questo Continente abbiamo troppe cose (materiali), che spesso non servono, ma non siamo più in grado di costruire autentici rapporti umani, improntati sulla verità e sul rispetto reciproco. E così oggi abbiamo davanti agli occhi l'immagine di un'Europa ferita, per le tante prove del passato, ma anche per le crisi del presente, che non sembra più capace di fronteggiare con la vitalità e energia di un tempo. Un'Europa un po’ stanca, pessimista, che si sente cinta d'assedio dalle novità che provengono da altri continenti. All'Europa possiamo domandare: dov'è il tuo vigore? Dov'è quella tensione ideale che ha animato e reso grande la tua storia? Dov'è il tuo spirito di intraprendenza curiosa? Dov'è la tua sete di verità, che hai finora comunicato al mondo con passione? Dalla risposta a queste domande dipenderà il futuro del continente”.
I discorsi fatti a Strasburgo sono ricchi di indicazioni ora strategiche ora immediatamente operative, perciò ne consiglio la lettura integrale.
Faccio riferimento ad alcuni passaggi. Alcune idee di Francesco sembrano porsi in contraddizione con le tendenze attualmente in atto. Il No deciso alla produzione e al commercio delle armi non trova particolare ascolto neanche in Italia. La critica alla tendenza di realizzare in Europa la predominanza di uno Stato o di un Direttorio (quello dei Paesi nordici, della Germania e degli Stati Uniti tramite gli ex satelliti dell’Unione sovietica) è sottintesa, ma giudicata negativamente. Sullo sfondo resta il favore ad una Europa dall’Atlantico agli Urali. C’è una parte molto bella nel Discorso al Consiglio d’Europa, ove il Papa usa un linguaggio poetico per chiarire il suo pensiero, applicabile alle relazioni fra gli Stati e fra le culture. A suo avviso è tempo di fare un salto molto forte, abbandonando le concezioni bipolari o tripolari, abbracciando quella multipolare, che, nell’unità, dà spazio e rilievo ad ogni parte. “Il compito di globalizzare la multipolarità dell'Europa non lo possiamo immaginare con la figura della sfera - in cui tutto è uguale e ordinato, ma che risulta riduttiva poiché ogni punto è equidistante dal centro -, ma piuttosto con quella del poliedro, dove l'unità armonica del tutto conserva la particolarità di ciascuna delle parti. Oggi l'Europa è multipolare nelle sue relazioni e tensioni; non si può né pensare né costruire l'Europa senza assumere a
fondo questa realtà multipolare”.

Naturalmente, essendo Francesco il Capo della Chiesa cattolica, non poteva infine mancare uno specifico riferimento al rapporto tra Religioni e Parlamenti. La sua visione è ispirata alla reciproca autonomia. Si allontana anche la pretesa di sottoporre i parlamentari cattolici alla cosiddetta difesa dei principi irrinunciabili. Tutte le soluzioni sono il portato di un confronto dialettico con tutti. Ma Francesco raccomanda di non sottovalutare la necessità di aprirsi al trascendente. Proprio a partire da questo, “intendo affermare la centralità della persona umana, altrimenti in balia delle mode e dei poteri del momento. In questo senso ritengo fondamentale non solo il patrimonio che il cristianesimo ha lasciato nel passato alla formazione socioculturale del continente, bensì soprattutto il contributo che intende dare oggi e nel futuro alla sua crescita. Tale contributo non costituisce un pericolo per la laicità degli Stati e per l'indipendenza delle istituzioni dell'Unione, bensì un arricchimento. Ce lo indicano gli ideali che l'hanno formata fin dal principio, quali la pace, la sussidiarietà e la solidarietà reciproca, un umanesimo incentrato sul rispetto della dignità della persona”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.