Possibile un’alternativa al Governo Salvini – Di Maio?
Di Pierluigi Castellani
Quando oramai la politica italiana è focalizzata del tutto sui temi di facile impatto sull’opinione pubblica come la questione immigrati (Salvini) e i vitalizi degli ex parlamentari (Di Maio) è doveroso cominciare a chiedersi se è possibile creare un’alternativa a questo modo di fare politica per riportare l’attenzione sui nodi centrali dell’economia, del lavoro e della lotta al disagio sociale. Non che non sia importante tentare di riportare l’attenzione dell’Europa sulla questione migranti, ma ci si può legittimamente chiedere se il modo migliore è continuare a fare spot di grande impatto mediatico, come fa Salvini oramai pienamente dominus del governo Conte tanto da mettere in ombra il premier sia nei confronti dell’opinione pubblica italiana che di quella internazionale.
Qualche voto in più vale uno sola vita umana messa in pericolo? E’ pur vero che recenti sondaggio danno il 56% degli italiani favorevoli alla politica di Salvini, ma è pur sempre lecito chiedersi se questo sia il modo migliore di affrontare problemi complessi come quello dell’immigrazione e del rapporto dell’Italia con gli altri paesi europei. Il vice-premier è tanto compreso del suo ruolo di demagogo di piazza che non si accorge, o non vuole accorgersi, che il suo ricercare alleanze con i paesi dell’Est europeo,il cosiddetto gruppo di Visegrad, è un’arma che si rivolterà contro il nostro paese, perché né l’Ungheria, né la Repubblica Ceca, mai appoggeranno in Europa una politica di gestione comune dell’immigrazione. Questi paesi non vogliono correre il rischio di avere neppure un immigrato sul loro territorio ed allora come farà Salvini a convincere l’Europa che l’immigrazione è un problema comune e che l’Italia non vuole essere lasciata sola? Del resto è significativo che al di là delle roboanti parole che il leader leghista usa in Tv e sui social spuntano poi proposte concrete, come l’aiuto alla Libia e la realizzazione di centri per i richiedenti asilo e per gli eventuali rimpatri sul suolo della Libia o dei paesi di provenienza, che è l’esatta copia della proposta e delle realizzazioni concrete, che già il governo Gentiloni con il ministro Minniti aveva iniziato con successo ad avviare. Ma mai questo verrà riconosciuto da chi ad ogni piè sospinto parla di “cambiamento” e di”nuova svolta” sull’immigrazione fino a dire, con quale faccia non si sa, che è finita la “pacchia” per quei poveretti che fuggono dalla guerra e dalla fame. E’ evidente che occorre regolare i flussi migratori e che tutta l’Europa, e non solo, deve farsene carico, ma al di là della propaganda occorre maggiore serietà per affrontare un tema così complesso come quello dell’immigrazione. Per questo è sempre più urgente costruire un’alternativa a questo modo di fare politica e tutto il centrosinistra deve interrogarsi sul perchè tanta parte dell’opinione pubblica lo abbia abbandonato. E’ stato già opportunamente rilevato che le forze del centrosinistra si sono occupate ultimamente più dell’allargamento dei diritti civili che dei diritti sociali.
Cioè è stata posta più attenzione agli interessi degli individui che a quelli della comunità ed è stato giustamente rilevato che l’allargamento dei diritti civili ha un costo economico pressocchè nullo mentre per l’attuazione dei diritti sociali c’è bisogno di cospicue risorse. Insomma per la creazione di posti di lavoro, per la lotta alle diseguaglianze, per più servizi sociali efficienti, per una sanità pubblica ancora più estesa, necessitano risorse che la sinistra in genere non ha tentato di recuperare. Si potrebbe dire che la sinistra ha trascurato di costruire attraverso un’autentica e concreta solidarietà quella “comunità di destino” di cui parla Edgar Morin. Così i cittadini sono stati lasciati soli nelle loro paure e nel loro disagio economico e sociale mentre la destra populista ha parlato un linguaggio in cui invece si sono riconosciuti. La sinistra spesso ha usato un linguaggio politicamente corretto, rifuggendo ogni demagogia, un linguaggio certamente più forbito ma più adatto ai ristretti circoli intellettuali che a quella parte dell’opinione pubblica, che si è trovata sola a gestire le proprie paure nelle periferie insicure del nostro paese ed a ricercare soluzioni dignitose di lavoro per i propri figli speso costretti o alla disoccupazione od all’umiliazione di un indistinto precariato. Quindi un’alternativa al governo Salvini-Di Maio non può che ripartire da qui, da quei diritti sociali che il centrosinistra sembra aver dimenticato. Cosa magari vera solo nella percezione che i suoi vecchi elettori hanno sofferto in questi ultimi tempi, ma che comunque è centrale per ogni politica di reale sviluppo. Poi magari si scoprirà che i benefici fiscali per chi assume a tempo indeterminato, che il reddito di inclusione per i senza lavoro, che la riforma del terzo settore e della pubblica amministrazione, che la creazione dell’Autorità anticorruzione e così via sono strumenti validi già approntati dai governi a guida PD anche se sono strumenti da migliorare ed ampliare. Ma da qui a quel tempo c’è una stagione di duro lavoro per il centrosinistra per riaccreditarsi nei confronti del paese come l’unica vera forza di governo di cui l’Italia ha bisogno. Ed allora bando alle continue divisioni interne, alle recriminazione ed ai personalismi. Si pensi al bene del paese ed a quello solo.