Referendum: non raggiunto il quorum
di Pierluigi Castellani
Il mancato raggiungimento del quorum del 51% degli elettori ha fatto fallire il referendum antitrivelle. Come il consueto costume italiano suggerisce tutti hanno cantato vittoria. Renzi e la maggioranza del PD che hanno scommesso sull’astensione hanno potuto assegnarsi il risultato, ma anche i promotori del referendum e tra questi Michele Emiliano, presidente della regione Puglia, hanno esaltato il raggiungimento del 31,19% degli elettori come un successo. La verità è che un referendum sbagliato,ed ai più incomprensibile, poteva essere evitato facendo risparmiare 300 milioni di euro agli italiani. Era evidente la strumentalità del referendum, che poco riguardava la politica energetica del nostro paese. Si voleva dare un segnale a Renzi ed al suo governo come del resto l’enfatizzazione, da parte delle opposizioni e della sinistra dem, dei 15 milioni di elettori votanti ha dimostrato. Nessuno ha fatto riferimento al merito del quesito referendario ed invece c’è stato un profluvio di dichiarazioni che sottolineavano il significato antigovernativo di queste elettori, che recandosi a votare avrebbero segnalato la loro contrarietà alle politiche del governo. Ed a chi si lamenta del troppo alto quorum richiesto per la validità dei referendum abrogativi va segnalato che la riforma costituzionale, recentemente approvata dal parlamento ed in attesa del giudizio degli elettori, abbassa notevolmente il quorum per la validità dei referendum abrogativi quando sono proposti da 800.000 elettori, portandolo alla maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei deputati. Dovrebbe solo questa considerazione spingere questi a votare “sì” al referendum del prossimo ottobre. Rimane la verità che il confronto politico sui referendum, come su altre cose, non è più animato dal giudizio sul merito delle questioni, ma tutto dà origine a strumentalizzazioni ideologiche ed a una sorta di permanente battaglia antigovernativa, come avviene anche con le continue presentazioni di mozioni di sfiducia, che intasano i lavori delle aule parlamentari, quando invece il giudizio sull’operato dei governi dovrebbe avvenire in un paese normale con le nuove elezioni alla scadenza naturale del mandato parlamentare. La rissa continua allontana gli elettori dalle urne rendendo incomprensibili le questioni di merito e del resto il paese ha bisogno di stabilità e normalità perché le questioni serie nell’agenda della politica certamente non mancano. Basti pensare alla drammaticità della questione migranti, che Papa Francesco ha riportato all’attenzione dell’Europa recandosi in visita ai campi profughi dell’isola di Lesbo. Così pure c’è il tema forte dell’economia e del lavoro, che la situazione internazionale sta aggravando, e c’è il tema dell’ambiente, anche questo riportato all’attenzione dall’enciclica papale “ Laudato sì”, che meriterebbe un approccio meno ideologico e più attento alle reali condizioni del pianeta. A questi temi dovrebbe dedicarsi la politica se vuole dare davvero risposte ai cittadini. Ed anche alcuni atteggiamenti del premier Matteo Renzi dovrebbero essere maggiormente improntati al superamento delle continue polemiche che monopolizzano la politica. Qualche passo avanti di Renzi in questo senso lo condurrebbero non solo ad essere percepito come uno scaltro e coraggioso politico ma forse anche come un vero statista.