Scontro duro Renzi-Cgil
di Pierluigi Castellani
I toni inusitati dello scontro tra il Presidente del Consiglio e la Cgil fanno pensare che dietro a tutto questo ci sia qualcosa di più del problema dell’art.18 dello statuto dei lavoratori, perché tutti i contendenti sono d’accordo nel dichiarare che l’art.18 riguarda pochissimi casi di lavoratori. Ed allora perché ? Dato che il governo ha dichiarato che con il superamento dell’art.18, che rimane così com’è per tutti i lavoratori già assunti, manterrà in ogni caso la possibilità di reintegro nel posto di lavoro per i licenziamenti discriminatori ,sembra che la questione rimanga per quei lavoratori neoassunti che licenziati senza giusta causa avranno diritto ad un indennizzo, via via più crescente, a seconda degli anni di anzianità maturati nel posto di lavoro.
C’è poi da dire che limitare la questione al superamento dell’art.18, quando la delega al Governo in discussione ora al Senato ( il cosiddetto jobs act) prevede una estensione di molte tutele nei confronti di chi oggi non ce l’ha, fa apparire la diatriba un po’ strumentale, lasciando sullo sfondo la previsione del contratto a tempo indeterminato con tutele crescenti per tutti i neoassunti, fatto questo veramente innovativo, l’estensione dell’assegno di disoccupazione e della cassa integrazione ordinaria a tutti i lavoratori, quella in deroga e straordinaria non ci dovrebbero essere più, il riconoscimento dell’assegno di maternità anche a chi oggi non ne usufruisce come molte lavoratrici precarie e la importante riforma dei centri per l’impiego. Si tratta quindi di un’estensione dei diritti non già di una loro limitazione e quindi il dibattito andrebbe su queste questioni spostato anche per renderlo più comprensibile ai tanti cittadini che forse assistono un po’ attoniti alle accuse della Camusso, che paragona Renzi alla Tatcher, ed alla risposta del Presidente del Consiglio certamente inusuale ed eccessiva nei toni.
La verità è che su questa questione si stanno giocando due diverse partite. Una tutta interna al Pd ove la minoranza, prendendo a pretesto l’art. 18, pensa ad una possibile rimonta come se il congresso del partito non si fosse già celebrato e l’altra quella che sta giocando la Cgil , ma anche gli altri sindacati, che temono un loro ridimensionamento dalla determinazione del Governo che non può accettare veti e che non interpreta più la cosiddetta concertazione come una sorta di cogestione. Il governo infatti non può accettare che se non sono d’accordo le gerarchie sindacali nulla si può innovare a proposito del mercato del lavoro. Il mondo è cambiato ed i sindacati stentano a capirlo, come del resto certa sinistra che non ha imparato nulla dalla lezione di Blair e di Schoereder, che hanno portato i laburisti ed i socialisti tedeschi al governo innovando profondamente nell’approccio politico nei confronti dei mutamenti sociali ed economici . C’è addirittura chi ha ipotizzato che anche la scelta del governo di inviare dal 2015 a casa di 30 milioni di contribuenti la dichiarazione dei redditi, ridimensionando il ruolo dei Caf, rende nervosi i sindacati. Ma è sempre bene pensare in positivo e cioè che anche da questo inusuale e duro confronto tra governo e sindacati venga poi la migliore soluzione per un nuovo e più giusto mercato del lavoro, capace soprattutto di portare lavoro a chi oggi non ce l’ha.