Manovra del Governo, Sanità: “Addio uguaglianza e universalismo”. All’appello mancano 19 miliardi, conseguenze drammatiche per l’Umbria

Industriali ed esperti bocciano la manovra del Governo sulla sanità e sul sostegno agli investimenti e alle imprese. Una bocciatura pesante che conferma l’insoddisfazione generale del Paese sulla terza manovra del governo Meloni. Il giudizio degli industriali è tranciante: “inadeguata” perché non “offre risposte ai rischi che l’Italia corre”.  Una manovra, quindi, recessiva che dà il colpo di grazia al sistema sanitario nazionale. In mezzo c’è la piccola Umbria che rischia più delle altre regioni italiane. Il campanello d’allarme degli industriali è chiaro: l’economia è in stallo, crescita debole, crollo della produzione industriale. Di fronte a questo drammatico quadro la manovra non incide in nessuna criticità del sistema Paese. La sanità noto dolente. “La manovra stanzia 10,2 miliardi dal 2025 al 2030. Ne mancano 19, se aggiungiamo le risorse per i rinnovi contrattuali e un incremento del fondo sanitario al livello Ocse. Nel 2027 l’Italia toccherà il minimo storico della spesa rispetto al Pil: 5,9%”. E’ la denuncia del Presidente della Fondazione Gimbe che si occupa di ricerca e informazione sulla sostenibilità del servizio sanitario nazionale. Un vero e proprio punto di riferimento scientifico per tutte le istituzioni italiane. Per  la Fondazione Gimbe la manovra è “insufficiente e non prevede interventi cruciali per la tenuta del servizio sanitario”. In audizione presso le Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, il presidente di Gimbe Nino Cartabellotta boccia duramente la manovra: “Senza adeguate risorse e coraggiose riforme di sistema diremo definitivamente addio all’universalismo, all’uguaglianza e all’equità, principi fondanti del servizio sanitario nazionale”. Le risorse, inoltre, sottolinea Fondazione Gimbe, sono ampiamente insufficienti per finanziare anche le misure già previste. All’appello mancano 19 miliardi da qui al 2030. Il tema delle risorse diventa, quindi, cruciale. “L’incremento di 2,5 miliardi di euro per il 2025 aumenta il Fondo sanitario nazionale a 136,5 miliardi di euro, di fatto solo dell’ 1% rispetto a quanto già fissato nel 2024”, spiega Cartabellotta. La situazione si fa ancora più allarmante se si guarda alla spesa sanitaria in rapporto al Pil: la quota del Prodotto interno lordo destinata alla sanità scende dal 6,12% del 2024 al 6,05% nel 2025 e 2026, fino ad arrivare al 5,7% nel 2029. “L’aumento progressivo del Fondo sanitario in valore assoluto, sempre più sbandierato come un grande traguardo, è in realtà una mera illusione”, aggiunge il presidente della Fondazione Gimbe. “Calcolatrice alla mano le misure previste dalla manovra per il periodo 2025-2030 hanno un impatto complessivo di oltre 29 miliardi di euro, mentre le risorse stanziate ammontano a circa 10,2 miliardi di euro”, chiosa Cartabellotta. Ciò costringerà anche le Regioni più virtuose a “tagliare i servizi e/o aumentare le imposte regionali”. Inoltre, precisa Gimbe, mancano dal testo del Governo misure cruciali per la tenuta del servizio sanitario. “Innanzitutto, il piano straordinario di assunzione medici e infermieri” e “l’abolizione del tetto di spesa per il personale” e poi ” risorse per ridurre o abolire il payback sui dispositivi medici e per gestire il continuo sforamento del tetto di spesa della farmaceutica diretta”, conclude Cartabellotta. Durissimo anche il segretario nazionale di Anaao Assomed, Pierino Di Silverio, il più rappresentativo sindacato dei medici del servizio sanitario. “Ci troviamo di fronte – ha sottolineato –  ad un contesto sociale drammatico, in cui il 7,6% dei cittadini rinuncia alle cure per ragioni economiche e l’1,6% si indebita e raggiunge la soglia di povertà a causa delle esigenze di curarsi e dell’impossibilità di farlo presso le strutture pubbliche”. Un manovra che si sta scagliando sul già traballante sistema sanitario dell’Umbria. Con conseguenze drammatiche per i pazienti.