Procuratore Sottani su Shalabayeva: “Valuteremo se impugnare la sentenza in Cassazione”. Difesa Cortese: “Pagina di grande giustizia”
“Siamo molto interessati a leggere le motivazioni della sentenza perché ritenevamo che un abuso di potere ci fosse stato. Poi si poteva discutere se una ragione di Stato potesse giustificarlo anche se secondo noi nessuna ragione di Stato può mai andare contro i diritti individuali della persona”, così commenta il procuratore generale di Perugia Sergio Sottani sull’assoluzione in appello di tutti gli imputati per il caso Shalabayeva. L’Ufficio valuterà se impugnare la decisione in Cassazione solo dopo aver conosciuto le motivazioni della sentenza, che verrà depositata entro i novanta giorni fissati dalla stessa Corte. ” Non possiamo dire ora se sarà impugnata o meno in Cassazione, la valuteremo comunque con la cura che merita perché è totalmente in contrasto con quella di primo grado”, aggiunge il procuratore generale di Perugia all’Ansa. La Procura generale aveva chiesto la condanna degli imputati eccetto due posizioni, “ritenendo sussistente l’ipotesi accusatoria così come riconosciuto in primo grado”. Di avviso completamente diverso è l’avvocato Stefano Tentori Montalto, difensore del poliziotto Luca Armeni: ” Questa sentenza ha ripristinato la verità e ha ricondotto tutto nei suoi esatti termini, escludendo qualunque fatto di reale rilevanza penale”. Poi aggiunge senza mezzi termini: ” La pronuncia di primo grado era stata estremamente grave sia nella quantificazione della pena ma anche per i termini in cui era espressa parlando di ‘rapimento di Stato’ e di ‘crimine contro l’umanità. Una sentenza molto pesante anche dal punto di vista morale per gli imputati. Dalla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale è stato possibile capire l’esatta dinamica delle condotte e che all’epoca da parte della squadra mobile di Roma non c’è stato nessuno inganno nei confronti della Procura della Repubblica, del dottor Albamonte e del procuratore capo Pignatone, come hanno detto loro stessi chiaramente in aula”. Per il legale se l’allora Procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone e il sostituto, Eugenio Albamonte, fossero stati sentiti in primo grado “si sarebbero chiarite già da tempo molte cose, si sarebbe evitata una condanna così grave dopo aver dedicato una vita alla polizia di Stato e si sarebbe evitato un processo di appello”. L’avvocato di Renato Cortese, Ester Molinaro, che lo ha difeso assieme al professor Franco Coppi, ha parlato di ” pagina di grande giustizia, ma che dimostra come questo processo non si sarebbe nemmeno dovuto celebrare”. Nel corso delle dichiarazioni spontanee rese lo scorso 10 maggio in aula, davanti al collegio della Corte presieduto da Paolo Micheli, Renato Cortese sottolineò tutta la sua amarezza e delusione per la decisione presa dal Tribunale di Perugia. ” L’unico stato d’animo – disse il superpoliziotto – che intendo portare all’attenzione della Corte è quello suscitato in me dall’affermazione della sentenza con la quale avrei tradito un giuramento fatto sulla Costituzione. Tutte le sentenze meritano rispetto e io rispetto anche la sentenza che, seppur ingiustamente, mi ha condannato. Però credo che tutta la mia vita e tutta la mia carriera forse avrebbe meritato un minimo rispetto”.