Rossella Corazzin scomparsa a 17 anni, è stata uccisa al Trasimeno nella villa di Narducci ? L’Antimafia riapre il caso

La commissione parlamentare antimafia chiede di riaprire il caso della scomparsa di Rossella Corazzin, 17 anni, avvenuta nell’agosto del 1975, sparita da Pieve di Cadore e mai più ritrovata. Un mistero che dura da 47 anni e che si intreccia con la vicenda del mostro di Firenze. E’ stato Angelo Izzo, uno dei mostri del Circeo, a ricostruire la vicenda della scomparsa della diciassettenne della provincia di Belluno in Veneto. Secondo Izzo la giovane sarebbe stata sequestrata e strangolata con una corda dopo un rito esoterico e una violenza sessuale di gruppo nella villa del medico perugino Francesco Narducci sul lago Trasimeno. Secondo la commissione antimafia, la ricostruzione di Izzo trova ” una sostanziale conferma, specie per quanto riguarda proprio il gastroenterologo perugino e la sua villa sulle colline del Trasimeno”. Izzo è stato sentito nel carcere di Velletri dove si trova attualmente ed ha fornito ai membri della commissione una ricostruzione abbastanza dettagliata sui fatti. ” Di particolare rilievo – affermano i membri dell’antimafia – il racconto di di Izzo sulla villa dove avrebbe avuto luogo la cerimonia dopo la quale Rossella Corazzin sarebbe stata soppressa. Effettivamente vi si accede da una strada bianca, e l’Izzo la descrive asserendo di esservi stato solo una volta e poco meno di 50 anni fa.  La strada collega la parte della frazione di San Feliciano che è ad altezza del Lago  con il cancello della villa, sulle alture”. Proprio per questo la commissione ritiene che il materiale venga esaminato dalla Procura della Repubblica di Perugia, che aveva archiviato il caso, e valutare la possibilità di “riaprire l’inchiesta sulla sparizione della diciassettenne”. Da alcune audizioni della commissione sarebbe, inoltre, emersa la centralità della vicenda Narducci che avrebbe visto affiorare due correnti della massoneria perugina. Una protesa “alla trasparenza” e l’altra decisa invece ad assumere “un atteggiamento negazionistico, limitato  alla morte per annegamento da probabile episodio sincopale”. Per la commissione alla fine prevalse quello negazionistico.