Confcommercio Umbria: “Basta con il modello ‘più chiusure’, si rischia il caos sociale”
Perugia – “La protesta che sta montando in tutta Italia, al netto di strumentalizzazioni che riteniamo inaccettabili, è la dimostrazione della necessità oggettiva di un cambio di passo. Il governo, nato in un clima di attese così ampie, ha prodotto finora un sistema di aiuti ancora del tutto insufficienti, riproponendo peraltro il modello ‘più chiusure’ che sta esasperando gli imprenditori di tutti i settori coinvolti, che invece hanno bisogno di certezze per programmare e non perdere del tutto la speranza”.
Il presidente di Confcommercio Umbria Giorgio Mencaroni avverte: “E’ ormai chiaro che non possiamo continuare ad andare avanti chiedendo ad alcune categorie sacrifici superiori alle loro possibilità. Siamo molto preoccupati per il livello di esasperazione che serpeggia da tempo, per ragioni comprensibilissime.
La chiusura obbligata delle piccole imprese non risolve i problemi, ma li acuisce. Quando in queste attività lavorano intere famiglie che hanno come unico reddito i proventi dell’attività e da 13 mesi non possono contare su alcuna entrata, si capisce che è difficile andare avanti e che la protesta possa salire.
Quello che serve in questo momento è una programmazione rapida e seria delle riaperture. Non comprendere questo, significa essere molto lontani dal mondo delle imprese che, a parole, tutti oggi mostrano di voler tutelare. Riaprire una attività chiusa da mesi, qualunque attività, non è cosa semplice. Ci sono tempi da rispettare, costi da sostenere. Vogliamo una data che ci dia speranza”, sottolinea il presidente di Confcommercio.
“Oggi sono a rischio – aggiunge – moltissime imprese del commercio, del turismo, dei servizi, delle professioni. Gli aiuti che servono non possono essere quelli previsti: gli indennizzi devono essere adeguati e più inclusivi. Ma non basta.
Serve anche una moratoria sui prestiti bancari e allungare i rimborsi a non meno di 15 anni. Serve una moratoria fiscale e bisogna assolutamente abbattere i costi che le imprese devono sostenere pur essendo rimaste chiuse.
Ad esempio, vanno esentate dal pagamento dell’Imu e della Tari tutte quelle imprese che, anche nel 2021, saranno costrette a chiusure dell’attività o a riduzioni di orario e quelle che, pur rimanendo in esercizio, registreranno comunque un calo del fatturato. E risulta inaccettabile, per fare un altro esempio, che il canone speciale Rai sia solo ridotto, quando l’azienda di stato sa benissimo che le imprese sono state costrette alla chiusura.
Siamo perfettamente consapevoli”, conclude il presidente di Confcommercio Giorgio Mencaroni, “che in questo momento è necessario concentrarsi sul decollo della campagna vaccinale e fare di tutto per consentire riaperture in sicurezza. Noi siamo pronti a fare la nostra parte, tutta e sino in fondo. Ma non riusciamo a comprendere i motivi per i quali, ad esempio, i ristoranti non possono lavorare garantendo le distanze di sicurezza e osservando i protocolli sanitari. O perché i negozi di abbigliamento non sono ricompresi tra le attività essenziali, rischiando così di veder sfumare un’altra stagione decisiva per la tenuta delle attività. Lo stesso dicasi per i mercati che si svolgono, tra l’altro, all’aperto. Per questo abbiamo aderito con convinzione alla grande campagna nazionale di Confcommercio “Il futuro non (si) chiude”: perché alla disperazione degli imprenditori vanno date risposte adeguate, razionali e tempestive”.