DIS…CORSIVO. APOLOGO DELL’APE REGINA E DEL FUCO INTRAPRENDENTE

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / La chiamavano ape regina perché nel suo paese, in un modo o nell’altro, tutti dipendevano dalla ricchezza che produceva. Era semplicemente la fornaia del luogo, ma aveva un carattere così forte e una presenza fisica così imponente che tutti, nei suoi confronti, avevano i riguardi che si devono a una regina.

Il suo pane, per di più, era buono e soddisfacente, una “pappa” essenziale come quella delle api, “reale” come quella della quale la fornaia sembrava essersi sempre nutrita.

Florida, decisa, anche un po' autoritaria, sapeva tenere le distanze. Non compariva mai al banco in cui si vendeva il pane: in un angolo ben protetto della sua bottega, produceva il lievito madre e lo passava al uno stuolo di piccoli lavoranti che facevano partire la catena produttiva.

Era diventata così potente, l'ape regina, che comandava sul paese più di ogni altra autorità costituita. Se c'erano affari da sbrigare, anche con i paesi vicini, nessuno, nemmeno il sindaco, intavolava trattative se prima non aveva avuto un qualche consiglio dall'ape regina.

Figlia di un'altra ape regina, ereditava e consolidava un potere muliebre sulla città incontrastato e netto, anche se di maschi operosi e sagaci il luogo non era privo.

Lo si vedeva durante le rare uscite dal suo fondaco che l' ape regina si concedeva: quando passava per la città, le donne si facevano da parte, i maschi, i fuchi, si facevano grandi in apparenza, ma subito diventavano arrendevoli appena l'ape regina aveva aperto bocca e lanciato uno sguardo corrucciato. I suoi occhi, per la verità, erano pesanti, marcati da borse vistose e non denotavano una intelligenza penetrante. Anche così, però, convincevano ogni oppositore che non era il caso di fare più repliche una volta che l'ape regina avesse deciso e sentenziato.

Avvenne, però, che tra i tantissimi fuchi del paese ne comparisse un giorno uno che, sotto l'aspetto umile, aveva doti di caparbietà, intelligenza e astuzia superiori a quelle dei maschi di paese dotati di potere e dispensatori di autorità.

L'ape regina se ne accorse e subito cercò di disfarsene, di metterlo da parte, di farlo isolare dal resto del paese. E si aggiudicò il primo tempo di questa partita: il fuco intraprendente, sfidato una mattina, in piazza, davanti a quasi tutto il paese riunito, si vide sopraffatto, nel consenso popolare, dall'ascendente viscerale che l'ape regina esercitava, più di lui, sulla maggioranza dei presenti.

Per un po', il fuco non si vide più in paese. I suoi mezzi lo portarono ad avere fortuna lontano dal paese dell'ape regina, e fu una fortuna della quale si venne a sapere, della quale la stessa ape regina non sapeva più che pensare.

In paese, però, molti sapevano ormai cosa pensare: che il fuco intraprendente doveva tornare nel paese, adesso che era famoso e potente, per dare una mano a una situazione economica di grave crisi, alla quale l'ape regina, da sola, non sapeva più indicare soluzioni.

Il fuco tornò, incontrò di nuovo in piazza l'ape regina, davanti a quasi tutto il paese riunito. Fu la prima volta che si vide la fornaia vacillare per via di un consenso alle parole del fuco che sembrava più grande di quello che era stato riservato alle sue.

Contrariamente a ogni legge dell'alveare, l'ape regina dovette intrattenere un rapporto alla pari con quel fuco intraprendente. Arrivarono a degli accordi, che facevano ancora più regale l'ape regina anche se il suo potere era diminuito e non ostentavano l'accresciuta autorità del fuco sul villaggio anche se mille dettagli, in paese e fuori, rendevano palese questo fatto.

La ricerca storica ancora non ha chiarito quale effettivo vantaggio il paese trasse dall'equilibrio di poteri che avevano deciso di raggiungere l'ape regina e il fuco intraprendente.

Per certo si sa che tanto ha fornaia quanto il giovane di talento si ritirarono dietro i rispettivi schieramenti, dispensando prudenza e invocando piccoli passi per il superamento della crisi del loro paese. Altri fuchi più giovani, sognatori, emigrarono dal paese, mentre i saggi, gli anziani, si ritirarono in buon ordine nella stesura dei loro memoriali. Restò una scena aperta sulla quale agivano, in pari dignità, uomini e donne, aiutati da un piccolo gruppo di autentici sapienti.

Il pane divenne così buono che sembrava finto. E fu tutto.

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