DIS…CORSIVO. CANNARA, LE CARTE DA GIOCARE

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Cannara si è gemellata con Walla Walla, negli Stati Uniti, per la promozione della cipolla, ha stretto un’alleanza con Assisi per la valorizzazione di Piandarca e delle memorie del Terz’Ordine francescano, ha sottoscritto la “Carta di Matera”, ha creato, dal 2005, il registro per le unioni delle coppie di fatto. Fra molte novità e qualche continuità, quattro direttrici di ricerca non male per un’amministrazione che si è insediata, del tutto rinnovata, dal mese di giugno. Quattro prospettive di lavoro, e di mandato, che, al di là dell’ordinaria manutenzione di un centro prevalentemente agricolo, rivelano orientamenti mentali complessi e molto diversificati. Si dovrebbero tenere insieme, infatti, prospettive molto tradizionali, ai limiti della professione di fede confessionale, e aperture alla dimensione laica delle coppie di fatto che in Umbria, complessivamente, ancora è incerta e minoritaria.

Dunque, Cannara è, può essere considerata, un piccolo laboratorio di esperienze amministrative composite e da reputare virtuose? Si ha l'impressione, più che altro, che l'aggregazione degli elementi di progetto sia venuta sulla spinta di componenti molto autonome l'una rispetto all'altra e che il nuovo sindaco si trovi di fronte al concrescere spontaneo di attività, sapendo poi come equilibrare le une e le altre. Equilibrare non significa ancora dare una regia al tutto, ma le carte che si sono distribuite negli ultimi mesi promettono una buona partita.

C'è ancora un mazzo, però, dal quale pescare. Se le carte venute di mano sono state buone, per quelle che bisogna ancora andare a pescare nel mazzo bisogna sperare di ottenere un jolly, una carta da poter giocare su ogni tavolo, un asse che comandi il gioco.

Quella carta si può provare a sognarla pensando agli elementi di progetto che Cannara ancora non ha espresso e che molti si aspettano che manifesti.

In città, ad esempio, c'è un bellissimo Museo, disegnato con intelligenza e riempito con amore dai cittadini oltre che con rigore dai curatori scientifici. Un edificio molto grande, persino imponente, già convento, convitto, educandato, scuola, oggi sereno e raccolto punto d'arrivo delle antichità scavate a Collemancio e della storia molto più recente della Banda cittadina, passando per opere pittoriche dei secoli di mezzo provenienti per lo più dall'area della Valle Umbra.

L'immensa aula in cui è stato ricomposto il Museo nilotico rimanda agli scavi di Urvinum Hortense, sopra Collemancio. Ecco un'altra carta, di uguale colore, che andrebbe pescata al più presto dall'amministrazione: il sito di Urvinum è troppo eminente e di riferimento per l'intera Valle Umbra da lasciarlo un po' in disparte, come oggi e da tempo ormai avviene. Se c'è un luogo in cui turismo e cultura possono dimostrare tutta la profonda sinergia che li unisce, quel luogo è senz'altro Urvinum, purché, però, il sito e il borgo sottostante vengano potenziati, frequentati d'estate e ravvivati d'inverno con continue iniziative e attività, semplici, in cui si integrino mostre e concerti, appuntamenti con la storia e interiori rivisitazioni nei boschi in cima al colle.

Ancora una carta, un altro jolly, ci aspetta in città. Cannara, un centro davvero piccolo, è ricca di almeno tre significative opportunità per riunirsi, tenere conferenze, animare dibattiti, assistere a recite e concerti in tutta tranquillità: l'Auditorium San Sebastiano, il Teatro Thesorieri e, appunto, il Museo della Città. Una triangolazione perfetta di situazioni per associazioni e volontari della cultura, purché s'intenda e si sviluppi il senso si salotto allargato che unisce i tre spazi, distanti poche decine di metri l'uno dall'altro, magari esaltabili nella proposta cumulativa, in successione, di altrettanti piccoli appuntamenti.

In questo, sì, insomma, Cannara deve cercare di riscoprirsi, nella sua anima di grazioso, ipotetico approdo fluviale, di borgo segnalato prima di tutto da una via d'acqua – il Topino – di regale bellezza nonostante i molti, inevitabili problemi di gestione del suo bacino. Un'altra carta, infatti, si può pescare, stavolta non dal mazzo della cultura, ma dall'alveo del fiume. Asciugata e portata in città, può narrare infinite storie, quelle di Piandarca e di Walla Walla, delle coppie di fatto e della “Carta di Matera”, specificando bene, in quest'ultimo caso, che si tratta di quel documento che vuole sostenere e valorizzare le comunità contadine italiane e non del progetto che si è aggiudicato il titolo di Capitale Europea della Cultura.

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