DIS…CORSIVO. CAPITALI DI UN REGNO CASUALE
NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Così, a caduta, spuntano e nascono capitali ovunque intorno a noi. Un’inflazione d’investiture al titolo di “capitale della cultura” si sta diffondendo con forza e, si spera, con qualche efficacia, fra le città italiane sull’onda lunga del titolo di capitale europea della cultura per il 2019, che ha lasciato tanti lutti su e giù per la penisola.
Ciò che non si capisce è quanto questo meccanismo premiante sia destinato a durare. La certezza è che siamo solo all'inizio delle folgorazioni del ministro Franceschini in materia di rilancio delle potenzialità economiche dei nostri beni culturali grazie alle attività che vi si possono tessere intorno.
Mentre Perugia si gode il titolo per l'anno corrente - che molto corre e già ha lasciato dietro di sé un semestre di continue ovvietà culturali fra Roma e Perugia ancora non accompagnate, sembra, dall'agognato milione di finanziamento – la scelta di mandare avanti, per il 2016 – 2017, le umbre Spoleto e Terni, tagliando fuori le altrettanto umbre Foligno e Todi-Orvieto, sta seminando malumori, diffidenze, incredulità, inquietudini e qualche broncio.
E come potrebbe essere diversamente, visto il livellamento delle proposte di progetto avanzate? Leggiamo, da fonti ufficiali, questo impegno di Spoleto che ha convinto la giuria ministeriale: “ 'Spoleto porta delle culture. Città modello di pace e civiltà'. Questo il tema scelto che viaggia su un doppio binario tra continuità e innovazione, presentando una città in grado di valorizzare il passato, sostenere il presente e proiettarsi verso la modernità, la ricerca, la sperimentazione e l’innovazione nell’immediato futuro, coinvolgendo al contempo ogni politica ambientale, urbanistica, sociale, scolastica attraverso una partecipazione ampia e attiva”. Linguaggio e stile da intristire, ma dietro sembra che ci sia stata un grande partecipazione popolare e delle associazioni.
Anche a Terni non hanno scherzato. Sempre da fonte ufficiale traiamo questa perla: “Il titolo del progetto presentato non è casuale: 'Visita l’Umbria – Sperimenta a Terni' è un titolo dibattuto, in fase di creazione, ma fortemente voluto perché sta a simboleggiare il senso stesso della volontà del Comune di portare la città ad essere punto di partenza e di sperimentazione all’interno di un contenitore più ampio che è quello dell’Umbria”.
Nonostante tutto ciò, continuo a credere che la cultura sia una cosa seria, difficile, laboriosa, impegnativa, che non paga, che non si può allestire in quattro e quattr'otto redigendo il manuale delle virtù artistico-letterarie e umanistico-creative di una città. Ma come fanno, a Roma, ad essere così bravi da poter promuovere Spoleto e bocciare Foligno, innalzare e Terni e deprimere Orvieto con Todi? Come si permettono di ingerirsi nell'Umbria famelica di finanziamenti, che certo se la va a cercare, e scompaginare i territori, ridisegnando una mappa casuale del nostro habitat? A queste capitali, quale regno corrisponderà mai nella testa della burocrazia culturale?
Ritengo che l'Umbria – e le altre regioni italiane – non abbiano bisogno di meccanismi che mettono le città italiane le une contro le altre in maniera così plateale, brusca e indifferente. All'ipotetico vantaggio di oggi, sicuramente seguirà un handicap nel prossimo futuro e la prossima Regione dovrà tenere conto, nella ricucitura del nostro brand culturale, di fratture che finora nesssuno aveva messo in conto di queste dimensioni e di questo danno storico come quelle che seguono alle candidature di franceschiniana ispirazione.