DIS…CORSIVO: CUCINELLI, UNA PREDI (LE) ZIONE
NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Ci sono settori dell’imprenditoria umbra per i quali il tempo della piena maturità coincide con il momento del più profondo acuirsi della crisi economica nazionale. Questo è sicuramente il caso dell’imprenditoria del cachemere legata al nome di Brunello Cucinelli, lo stilista in grado di attrarre su di sé quanto nessun altro personaggio pubblico umbro – dell’imprenditoria, della cultura e delle istituzioni – l’attenzione preponderante che si riserva, nel mondo, a coloro nel cui nome la tradizione locale sa diventare sviluppo, il valore lavoro, il particolare universale, sia finanziariamente sia spiritualmente.
Cucinelli, in effetti, sembra essere nato per adempiere a questa missione, per svelare che un’Umbria spesso solo potenzialmente in grado di conquistare il successo può elementarmente uscire allo scoperto e affermarsi a patto di non imbrigliarsi da sola nei cascami di una politica imbalsamata e di una cultura accademica. Inevitabilmente, invece, la politica e la cultura stanno arrivando a lambire la contrada di Solomeo sempre più da vicino e, d'altra parte, Cucinelli, negli ultimi anni, non se ne è stato rinchiuso nel suo feudo, ma si è molto concesso – tra lo Stabile e l'Arco Etrusco – alla città e alla regione. Così, oggi, siamo arrivati a un punto di svolta, a uno snodo che prefigura e fa intravedere la risoluzione definitiva della questione legata al ruolo che Cucinelli può avere sulla scena politica umbra alla vigilia del rinnovo del governo umbro.
Se la cosa dovesse decidersi a colpi di infatuazioni, di calcoli partitici, di trasversalità tutte da verificare o di accordi fra galantuomini dell'imprenditoria e delle istituzioni, non stento a credere in un disarmante scenario di palleggiamenti estetici e ideologici, culturali e metafisici che non farebbero altro che far perdere tempo e interesse ai contraenti e alla comunità regionale tutta.
Se, invece, della cosa si potesse parlare, concisamente ma in profondità, nei termini propri dello sviluppo che reclama la regione, posso assolutamente predire e pediligere che il volo alto del gabbiano in cui si cela l'azione imprenditoriale di Cucinelli non potrà, per nessuna ragione al mondo, scendere di quota o entrare nelle turbolenze delle leggi elettorali. Non c'è niente di più estraneo alla formazione dell'imprenditore e lui, che conosce troppo bene le insidie del mercato per lasciarsi andare a quelle della politica, saprà come scrollarsi di dosso la polvere che certi abbracci più stretti lasciano sulle sue preziosissime giacche. Di gesti importanti per l'Umbria Cucinelli ne ha già compiuti: perché, dunque, continuare ad aspettarsene altri e non cercare, invece, di vedere le altre forme che può prendere la sua sconfinata disponibilità per questa terra?
L'imprenditore non ha mai fatto mistero della sua predilezione senza limiti per la “conservazione” e, ovviamente, tanta semplicità ideologica non è stata mai bene compresa, anche se il numero dei “conservatori” si è ultimamente molto accresciuto. Così, pure, egli si è sempre schierato per il principio della “devozione per i clienti” e la politica ha visto in ciò una pericolosa forma di eresia. Abituata a maltrattare gli elettori in mille maniere, come può, infatti, certa politica dare tutta questa importanza ai propri votanti e intendere la parola “conservazione” nel senso del bisogno del passato in cui l'intende Cucinelli? E, per rimanere all'essenziale, che dialogo vero può esserci mai fra un uomo che crede nel lavoro artigianale come al bene della vista e altri uomini che non vedono più in là di qualche fiera che riempie di paccottiglia i centri storici della regione?
Dentro questo stretto perimetro di considerazioni si chiude la fattibilità di un rapporto con Cucinelli più stretto di quello finora messo in cantiere. Eppure, il fatto che si possa andare oltre rimane sullo sfondo di queste riflessioni. Sarebbe bello, ad esempio, riscrivere con Cucinelli tutto il percorso che nel Novecento, dalla “Ginestra” degli anni Trenta a Umberto Ginocchietti senza dimenticare quel nume della moda che è stato Pino Lancetti, ha potuto portare fino a lui, che ha il merito “politico”, più e meglio di tutti gli anzidetti, di portare sempre, ovunque, con sé la sua e la nostra Umbria. E sarebbe bello che qualcuno potesse trarre da questa lontana predilezione un'immagine e una comunicazione dell'Umbria finalmente rinnovate e vincenti, ben oltre la grossolanità pubblicitaria di oggi. E se non è un compito politico questo...