DIS…CORSIVO. IL PELO NELL’UOVO
NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Sarà anche la “regione dell’arte” – come fotocopiandosi ha detto Vittorio Sgarbi a Palazzo Donini – ma sta di fatto che l’Umbria non riesce ad imbastire più da qualche anno una grande mostra, né a inanellare una serie di eventi espositivi che, in capo a periodi lunghi di apertura, configurino veri calendari degni del nome che, per grazia di artisti medievali, rinascimentali e novecenteschi, abbiamo in giro per il mondo.
Mi pare inutile, pleonastico, ripetitivo e fastidioso sentire parlare, per l'ennesima volta, del genio di Giotto, di Perugino, Pintoricchio e Signorelli, senza poter fare corrispondere a questo splendido richiamo niente di adeguato sul piano della proposta espositiva che non sia il pellegrinaggio, scontato e folto di pubblico, di quanti visitano le Basiliche di Assisi o la Galleria Nazionale dell'Umbria.
E i programmi immediati non lasciano individuare nessuna linea di inversione di questa tendenza. Solo oggi, infatti, le cronache riportano notizie favorevoli per il recupero del Teatro Turreno e per i completamenti dei lavori a San Francesco al Prato, ma su nessuno dei due fronti si segnalano opportunità per le politiche espositive di Perugia e, di riflesso, dell'Umbria.
Il Turreno e San Francesco al Prato, in realtà, sono due capitoli aperti (o chiusi, a seconda della via metaforica che si voglia imboccare) da troppo tempo ormai nelle rispettive direzioni dello spettacolo e della convegnistica per aspettarsi da essi qualche buona notizia per il comparto espositivo. E passi per il Turreno, nel quale certo difficilmente si potrà vedere un allestimento espositivo senza grave danno per l'impianto teatrale progettato da Alessandro Arienti alla fine dell'Ottocento. Per San Francesco al Prato, invece, il riuso dello spazio è diventato quello di un grande salone, o di un'immensa aula, che a suo tempo hanno saltato a piè pari l'ipotesi del voluminoso ed elegante ambiente per ricercate esposizioni temporanee.
E nessun'altra possibilità si è aperta, negli ultimi decenni, per dotare Perugia di una struttura, sull'acropoli, degna, quanto a mostre internazionali, del capoluogo della “regione dell'arte”: dimenticato del tutto il “sistema” della Rocca Paolina (Cerp compreso), sviluppato in maniera multimediale e spigliata, ma senza contorni museali, il Palazzo della Penna, concesso che in via Oberdan si poteva ospitare via via qualche residuo segmento di politica espositiva, tramontato il momento d'oro degli Arconi, sono rimasti, a occupare la scena con merito ma, a quanto pare senza futuro, gli spazi della Galleria Nazionale e Palazzo Baldeschi.
Come si può, di fronte a questo scenario che nessuna ripresa culturale di Perugia sembra ormai potere più integrare a favore dell'arte nei prossimi anni, parlare ancora oggi di “regione dell'arte” per l'Umbria, solo uno Sgarbi appesantito e intorbidito può spiegarcelo.
Il fatto è che occorrerebbe, a questo punto, avere il coraggio di guardare fuori di Perugia e, poiché Perugia da tempo non è più rappresentativa di tutta l'Umbria, cercare di offrire lo sviluppo di grandi politiche espositive ai centri più disponibili, con maggiore patrimonio disponibile, dell'intera regione. Qualcuno, Sgarbi compreso, ha un'idea, ad esempio, della formidabile potenza espositiva che ha il Monte Frumentario di Assisi o, su tutt'altro versante e con tutt'altre pretese, la stessa Palazzina di Villa Fidelia, a Spello? Sono due realtà identificative tanto di situazioni urbane quanto di patrimoni urbanistici isolati. La loro tipologia, il loro esempio, potrebbero far nascere, nei 92 Comuni umbri, idee su candidature di beni culturali decentrati rispetto a Perugia, ma centralissimi per il flusso di potenziali visitatori delle grandi mostre pensabili, organizzabili e gestibili. Foligno, ad esempio, Spoleto o la stessa Terni non potrebbero studiare la cosa, d'accordo con la Regione, e gettare sassi in questo ristagno delle attività espositive a misura di “regione dell'arte” al quale assistiamo e che non ci vogliamo confessare?
L'anno che comincia vedrà imponenti iniziative per il centenario di Burri. “Regione dell'arte”, di nuovo “regione dell'arte”, dunque, per di più non limitata alla sola arte antica: come poter affermare il contrario? Il contrario no, ma il pelo nell'uovo, sì, se si considera che la mostra centrale delle celebrazioni si terrà al Guggenheim di New York e che in Umbria avremo “solo” l'onore di assemblee, convegni e eventi espositivi che rilanciano il rapporto, mai molto sondato per evidenti motivi di poetica dell'artista, fra Burri e Piero Della Francesca, fra Burri e Signorelli. Ahi, Signorelli...!