Dis…corsivo. Il postino, il parroco, il paziente
NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Certi fenomeni accadono anche senza una volontà riformatrice alle spalle, cosicché la riforma crede di farci una bella figura a tagliare postini, parroci e posti letto quando la consunzione di chi va alla posta, in chiesa e nel più vicino ospedaletto è ormai un fatto compiuto, è nelle cose. L’Italia senza più Province è un’Italia priva anche di postini, parroci, pazienti locali, poveri diavoli in cerca di un tribunale, poeti che s’infiammano per la soppressione di preture e uffici postali. Quest’Italia, però, resta ricca di parassiti di ogni genere, intendendo per parassiti tutti coloro che, fra la gente e fra i politici, plaudono ai tagli, purché si facciano e purché colpiscano nelle periferie, sulle colline di quest’Italia di mezzo, il più possibile lontano dalle loro residenze collegate alla rete, dove il prete passa a Pasqua e si va a trovare a Natale, dove se ti ammali è un vanto andare nelle cliniche di lusso senza paura di fare chilometri su chilometri per raggiungere quei modelli di buona sanità.
In questi giorni, la riforma più eclatante è quella della soppressione degli uffici postali, dopo esserlo stata dei tribunali e seguendo da vicino il calo dei fedeli, che si riforma da sé, senza bisogno di tagli curiali o diocesani. Il pubblico che più viene colpito dalla chiusura degli uffici postali è, infatti, con qualche approssimazione ma senza grossi scostamenti dalla realtà, lo stesso che frequenta giornalmente la parrocchia, nel senso che va alla funzione di mattina presto e al rosario nel tardo pomeriggio. Le stesse pie donne e gli stessi vecchietti che in numero sempre più esiguo vanno a sentire la predica sono, per lo più, quelli che hanno bisogno dell’ufficio postale: in chiesa vanno per assicurarsi un buon trattamento nell’aldilà, all’ufficietto postale per garantirsi una sopravvivenza decente, finché sono di qua, grazie alla pensione da ritirare.
Inutile stare a dire quanto sia giusta o meno la soppressione degli uffici postali senza numeri, se le cose stanno così. Se le cose stanno così, infatti, la riforma dovrebbe darci anche qualcosa di più che il semplice taglio dei rami secchi, magari un piano di valorizzazione del lavoro anche del semplice postino all’interno di un’azienda che ha da tempo connotati ben diversi da quelli delle tradizionali “Poste e Telegrafi” senza, però, sapere esattamente dove collocarsi nella nuova geografia civile dell’Italia, e dunque anche dell’Umbria, di domani. (Non era un postino, ma fino all’anno scorso un garbatissimo signore si occupava del punto vendita del marchandising di oggetti molto interessanti, di cancelleria e di altri generi, all’ingresso non di un ufficio postale qualunque, ma di quello centrale di Perugia. Un po’ di tempo dopo, fatto in tempo ad acquistare due bellissimi quaderni, sono cominciate le svendite per chiusura e quel signore, sempre garbatissimo, l’ho ritrovato in batteria, insieme a tanti altri zelanti impiegati, a ricevere bollettini postali e pagamenti diversi). Le Poste di oggi assomigliano un po’ alle Province: nel momento in cui l’azienda, come l’ente locale intermedio, si erano dotati, faticosamente, di personale specializzato e professionalmente adeguato a svolgere ruoli di non generica, e pur sempre utile, amministrazione, sono costretti a tagliare, a ridistribuire indiscriminatamente le loro risorse umane. Oggi, dunque, tanto le Poste quanto le Province devono rinunciare a quelle professionalità la cui formazione è pur costata almeno un ventennio di corsi e di master o di più elementare applicazione, da parte degli impiegati, a un desiderio di managerialità implicito nell’evoluzione culturale del Paese. Questo, forse, è il vero problema al quale le Poste non danno “risposte”, preferendo anch’esse colpire l’opinione pubblica con manovre riformatrici del tipo di quelle del taglio dei piccoli uffici, compreso quello del marchandising di Perugia. E se si obietta che le chiusure avvengono perché quegli uffici, quei punti vendita, non hanno i numeri adeguati, come non aspettarsi di rimando – voi, grandi manager dalla scure facile – che i numeri vanno creati, che anche il più piccolo centro di collina, nell’Italia di domani, va raggiunto fisicamente in qualche maniera con il servizio postale e – ma questo dipende da altri – da un’assistenza sanitaria capillare e dalla buona parola del curato?