DIS…CORSIVO. DA MATTEO SALVINI A CLAUDIO RICCI
NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / La rapidità con la quale Silvio Berlusconi ha promosso, sul campo, Matteo Salvini terminale d’attacco di una squadra forzitaliota della quale si è conservato la cabina di regia è sorprendente. Ci sono, in quella sua dichiarazione, sgomento per il tracollo elettorale, spavento per l’effetto valanga che, nella prossima primavera, potrebbe prodursi nelle tante regioni che andranno al voto, sorpresa per un risultato non messo in conto con quelle proporzioni, sussiego per il valore degli ideali liberali che da oltre vent’anni non riesce a realizzare, spossatezza per le divisioni interne a Forza Italia che il suo asse con Renzi sta provocando, sicurezza, infine, che il quadro del centro-destra si possa ricomporre pur nella sopravvenuta consapevolezza che ciò sarà possibile solo a patto di consociare, sotto bandiere esterne a Forza Italia, i resti della sua armata, affidandone la linea offensiva alla Lega di Matteo Salvini.
La strategia è chiara, tempestiva e, forse, vincente, se sarà attuata con la necessaria determinazione. Molti dubbi, però, restano sull'intelligenza politica che sovrintende il tutto proprio considerando le “doti” politiche di un uomo come Salvini, che sono, tutte, qualità estremistiche, in ogni caso non moderate e non portatrici di alcun serio disegno riformatore. Ma davvero Forza Italia è così mal ridotta dal dovere ricorrere a un politico eccessivo, provocatore, fanatico e sprezzante come Salvini? Chi, in Forza Italia, potrà mai condividerne la sfrontatezza senza programmi, il populismo senza classe, la maschera infingarda, il portamento indolente? È, chiaramente, Salvini, espressione dell'anti-voto più che di un programma leghista, alla Bossi, con gli attributi. È una sorta di Grillo in fase depressiva e catatonica, un politico svogliato che ha successo proprio perché intercetta la svogliatezza di frange di elettorato che si sono fermate sulla soglia dell'astensione e che, prima di gettarvisi, cercano di rispecchiarsi nella mole, presunta leghista, di questo ragazzone lombardo che deve ringraziare la fine prematura del bossismo se è riuscito a guadagnarsi un posto in prima fila nella scena politica nazionale ed europea.
Dopo la sortita di Berlusconi, al quale sembra di aver trovato in Salvini il goleador che gli manca al Milan, Forza Italia rifletterà a lungo sulla necessità di prendere il treno leghista.
In Umbria, sembra che una riflessione in linea con quella prodotta da Berlusconi abbia addirittura preceduto il movimento forzitaliota alla ricerca di un attaccante esterno al partito in grado di suonare la carica in vista delle regionali e soprattutto di mettere in rete quella palla che il centro-destra umbro non è mai riuscito a segnare.
Il goleador si chiama Claudio Ricci ed è, indiscutibilmente, un personaggio politico ampiamente presentabile a differenza del davvero problematico Matteo Salvini. Molto rappresentativo per la comunità locale come sindaco di Assisi, Ricci non è sempre stato né un emblema né un'icona di quelle patinate care al fondatore di Forza Italia e non è stato neppure nei consensi d'immagine con cui rudi uomini di quel partito erano soliti selezionare il personale politico sul quale puntare.
Ciò tornerebbe oggi a grande merito di Ricci. Dopo qualche anno, il diafano primo cittadino di Assisi potrebbe perfino provare ad arrossire sentendosi reclamare a gran voce dal partito dei sindaci di centro-destra dell'Umbria. Egli, che è diventato un “esterno”, un “solitario”, un “autonomo” pur provenendo dalle schiere che Berlusconi tenta di ricostruire, è anche la persona nella quale gran parte del centro-destra umbro ripone speranze di trasversalismo, col vantaggio, rispetto al partito su scala nazionale, di non dover ricorrere alle trivialità leghiste ma, più sottilmente, all'incarnato latteo degli impuberi ideali di un moderato autentico. Solo i rissaioli delle primarie, sparsi un po' a destra come a sinistra, potrebbero frapporsi a quella strategia della valorizzazione di un “esterno” che pare diventato il percorso più ambito e onorevole per puntare alle regionali con qualche chance in più di successo.
Se fossi un elettore di centro-destra, però, alcune riserve sull'ottimo Ricci pure le avrei e prova a dire quali sono.
Prima di tutto, Ricci è una persona abituata a vincere troppo facilmente: le sue sindacature ad Assisi sono state sempre una passeggiata, contro avversari inconsistenti, di profilo molto scarso. La sua ascesa, poi, che ha finito per mettere da parte il suo mentore di un tempo, Giorgio Bartolini, si racconta ancora con un'azione combattuta in sordina, più come una manovra di palazzo che come il portato di una crescente consenso popolare. Il suo stile è forbito e accattivante, ma egli parla, pressoché sempre, di un Assisi senza storia, di una città senz'anima; non ha calore, non è un trascinatore, crede nel contatto ad personam, ma è come se si sentisse sempre dentro un confessionale.
Una cosa di cui l'accuserei, infine, è di abbandonare Assisi, di fatto, quasi due anni prima del rinnovo del Consiglio comunale, che avverrà nel 2016. E questa accusa gliela rivolgo, bonariamente, da cittadino di Assisi, che sa in mano a quali faide per la successione a se stesso Ricci lasci non il partito o lo schieramento di cui è parte, ma il Comune stesso. Non ci sono, da dovunque guardiamo la scena, personalità dell'attuale maggioranza di centro-destra che governa Assisi in grado di sostituire il pur spesso criticabile Ricci e questo fatto finirà per nuocere all'immagine della città, almeno finché anche il Pd non si deciderà a fare, per Assisi scelte un po' più all'altezza della situazione.
Per il resto, se il centro-destra sceglierà Ricci, prepariamoci a un programma di estremo moderatismo, di asettica cura del verde umbro, di curialismo non estraneo ad avventure di palazzo, di interesse per una città-regione da robotizzare. Ma su questo si pronunceranno gli elettori.