DIS… CORSIVO. “NON ANCORA PAR DI ESSERE IN GUERRA”
NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Cent’anni fa, a guerra appena cominciata, Perugia viveva un’atmosfera di vivace mobilitazione. Le istituzioni, le associazioni, le scuole, il clero, gli intellettuali, sembravano tirare un sospiro di sollievo.
Finalmente l'attesa era terminata, finalmente si faceva sul serio: il sentire medio della città di Perugia, confermato da quello di altri centri umbri, è orientato a credere nella versione di una guerra inevitabile, necessaria, che si può fronteggiare, nelle più remote retrovie di provincia, con la mobilitazione unitaria per la raccolta di fondi a favore delle famiglie dei richiamati poveri.
Per qualche giorno, tra la fine di maggio e i primi di giugno, si raccolgono sigari e cioccolata da regalare ai soldati che partono per il fronte; a Deruta, i militari si congedano dalla loro città facendo visita agli alunni delle scuole elementari. Pericoli immediati e diretti la popolazione non ne corre: solo qualcuno, il 27 maggio, credette di vedere un aeroplano dirigersi sul capoluogo, ma fu subito smentito da pareri autorevoli che certificavano l'impossibilità, per i velivoli, specie se nemici, di valicare di notte gli Appennini, naturale difesa del territorio.
Il 3 giugno “L'Unione liberale” pubblica due prime “Lettere dal campo”, dalle quali trabocca il “magnifico entusiasmo dei soldati”. Ne riporto qui alcuni passi per far capire che tipo di volontà di rassicurarsi a vicenda circolasse fra le classi colte di Perugia, emigrate, con alcuni soldati graduati, su un fronte che tutto sa tranne che di guerra. O, perlomeno che come fronte di guerra non vuole passare.
Il capitano Paolo F. così scrive al padre: «Papà e Mamma carissimi, in fretta un saluto affettuosissimo dopo quattro giorni di lavoro intenso. Noi benone e sono contentissimo. Abbiamo fatto una volata dal confine all'Isonzo che merita di essere segnalata come rapidità, decisione ed organizzazione. Nessun guaio. Siamo come alle grandi manovre, sani ed allegri, ed entusiasti della nostra brillante avanzata e delle buone notizie che ci giungono dagli altri punti del fronte, orgogliosi di essere stati in prima linea (alle 9.15 del mattino del primo giorno di guerra, la mia Batteria ha passato il confine).
Ieri, ho ricevuto il saluto dei cannoni austriaci che non hanno fatto male a nessuno: “minga pratich!” Quando toccherà sparare a noi faremo loro vedere come si fa! Grazie delle parole affettuosissime. State tranquilli, che la guerra è molto meno terribile di quel che sembra. Viva l'Italia! Paolo»
Un giovane ufficiale del 51º, invece, così scrive al padre: « […]Non ancora par di essere in guerra, tanta è l’allegria e il divario tra noi! In pochi giorni, tra T… e me abbiamo viste non si sa quante conoscenze Perugine nelle file dei soldati di ogni arma, e la vista di quelle persone ci rende sempre più sereni ed entusiasti. Rivederci in certi posti, e tutti per una stessa causa, conforta ed esalta […]. Io sto bene, e mi pare che questa vita mi giovi al corpo e allo spirito. La bellezza dei paesaggi stupisce tutti, compresi i nostri bravi soldati, i quali, ripeto ancora una volta, han mutato aspetto […]. Possibilmente vi spedirò del danaro, che qua diventa inutile. Me lo serberete. Però mi raccomando di mettermi al corrente con l'Università, spedendo al Segretario la seconda rata di tassa, e quella degli esami; nonché di far firmare il libretto a tempo opportuno. Salutatemi tutti gli amici e parenti, e mentre vi abbraccio mi confermo aff.mo A…»